venerdì 4 settembre 2015

"Costituzione, Stato e Crisi": il manifesto di Federico Cartelli



“È imbarazzante voler far credere che quella del ’48 sia la Costituzione di tutti, quand’è palese che essa sia stata sequestrata da una determinata parte della politica e dell’accademia”.
No, non avete letto male, la frase è proprio questa. E no, non state sognando, si parla proprio della nostra Costituzione. Penserete, dunque, “Ma chi è questo pazzo che si esprime in modo così audace parlando della Costituzione?”. La risposta è semplice. Si tratta di Federico Cartelli, autore del libro Costituzione, Statoe Crisi – Eresie di libertà per un Paese di sudditi (libro disponibile in formato cartaceo e ebook su Amazon e anche in formato ebook per i seguenti dispositivi: Ibooks (Ipad), Kobo Store (Kobo) e Google Play (dispositivi Android).
Non si tratta di un vero e proprio saggio, quanto più di un manifesto in cui Cartelli compie un atto di coraggio non sottovalutabile, anzi. Mette in discussione uno dei miti storici della nostra società: la Costituzione. Nel farlo, però, non si ferma ad accertarne i limiti e i difetti, non si limita a dire che la nostra Carta non è di certo “la più bella del mondo”, ma attua dei confronti importanti con gli altri Paesi europei e, soprattutto, propone una visione alternativa, che parte da ciò che, secondo l’autore, manca alla nostra società: uno spirito critico autonomo.
Che cos’è in realtà la Costituzione? Cosa rappresenta, oggi, per l’Italia e per gli italiani? E soprattutto, quali sono le responsabilità della politica nell’aver perpetuato il culto della suddetta?
Queste sono alcune delle domande che il manifesto pone e che trovano risposta in un Federico Cartelli più agguerrito che mai. La Magna Carta – come scrive l’autore – è stata concepita ormai molti decenni fa, in un contesto culturale in cui (come ricorda anche Montanelli nella Storia d’Italia) le due forze politiche – cattolica e marxista – hanno fatto scivolare dietro le quinte i grandi ideali liberali (e, dunque, proprio le libertà individuali, come iniziativa e proprietà privata) e, pertanto, non è riuscita ad adattarsi al nostro tempo e, cosa ancora più atroce, l’incapacità cronica di ritoccare, migliorare le basi fondamentali della Costituzione, non ha fatto altro che rafforzare il dogma della sua intoccabilità.
“Mettere in discussione quella che Roberto Benigni ha definito «la nostra mamma» equivale a un atto sovversivo”
Non solo è vero, ma può essere anche “pericoloso”, considerando il grande e fervente pubblico che continua a considerarla qualcosa di sacro e inviolabile. Eppure Cartelli non si risparmia e ne ha per tutti: a partire dalle cocenti considerazioni sullo Stato (“Lo Stato, attraverso la Costituzione, propaganda sé stesso e in esso si specchia”), passando per una lunga e puntuale dissertazione sulla scuola e sull’insegnamento della Costituzione all’interno della stessa (“Noi, anziché creare i leader di domani, creiamo persone deboli, già abituate alla comodità della spintarella di Stato”), fino ad arrivare a ricchi capitoli che riguardano il diritto al lavoro (“Il diritto al lavoro è la prima di una lunga serie di licenze poetiche che si sono concessi i nostri Costituenti, in particolare nei Principi fondamentali”), la ricchezza personale intesa come vera e propria colpa, da punire in nome dell’equità (“[Si è] colpevolmente legato il concetto di libertà a quello di uguaglianza economica e sociale, creando un humus ideologico che ha messo al centro d’ogni ragionamento la collettività a scapito dell’individuo”), e il federalismo – argomento sul quale Cartelli si sofferma lungamente.
Un testo breve eppure ricco quello di Federico Cartelli, un testo che, in primis, ha l’obiettivo di scuotere le coscienze addormentate degli italiani “sudditi”, ed in secondo luogo indaga, in modo puntuale e preciso, le problematiche che affliggono il nostro Paese, che gli impediscono di presentarsi, a livello internazionale, in una nuova e migliorata veste, sanamente volta allo slancio competitivo. Tutto questo è possibile partendo proprio dalla base, dalla Costituzione e dalla necessità di prendere le distanze dall’idea che la soluzione a tutto sia lo Stato. 
Costituzione, Stato e Crisi (con una prefazione di Carlo Lottieri) è un testo dalle mille sfaccettature, che non si pone come guida essenziale e suprema, né tantomeno come portavoce di verità inviolabili, ma piuttosto vuole rinverdire quel sano spirito critico che gli italiani sembrano aver perso e di cui necessitano per affrancarsi dai dogmi imposti dallo Stato.

Per conoscere meglio Costituzione, Stato e Crisi e il suo autore, ecco l’intervista a Federico Cartelli.


Dunque Federico, da dove parte l’idea di questo libro e soprattutto perché la necessità di scriverlo e pubblicarlo ora?
Voglio darti due risposte a questa domanda. La prima, di carattere più generale, è che l’idea di
questo libro è sempre stata con me, perché scrivere qualcosa di mio è un pensiero che ho
avuto sin da bambino: quindi direi che questo è il naturale approdo. La seconda, più specifica,
è che ho deciso di trattare proprio questo argomento perché mi sono accorto, facendo delle
ricerche, che la proposta editoriale di critica alla Costituzione era pressoché nulla. E’ in
commercio una sterminata letteratura che incensa e loda la Carta, ma è avara nel senso
opposto. Quindi, mi sono dato l’obbiettivo di sanare questa lacuna. Riguardo la necessità di pubblicarlo ora, in verità la data di pubblicazione - inizi di maggio - è stato il risultato di una concatenazione di eventi, anche di natura personale. In realtà avevo fissato la data di
pubblicazione un anno prima, ma per una serie di motivi e di circostanze non sono riuscito a rispettare l’iniziale programma. E, paradossalmente, è stato molto meglio così, perché non poteva esserci momento migliore di questo per far conoscere al pubblico il mio primo lavoro.

Qual è a conti fatti, per Federico Cartelli, il punto più debole della nostra Costituzione? E perché dobbiamo accettare che, come scrivi tu, non sia la Costituzione “più bella del mondo”?
Questa Costituzione ha tanti punti deboli. Se dovessi sceglierne uno, direi che l’incipit è forse quello più discutibile. La Repubblica “fondata sul lavoro” è una licenza poetica che i nostri Costituenti potevano risparmiarsi, e che ha dato luogo a davvero troppi “fraintendimenti”, diciamo così. Nel libro ne parlo in maniera approfondita nel capitolo 5. Non è la più bella del mondo perché, molto semplicemente, è il prodotto di un preciso periodo storico che ha oltrepassato da tempo la data di scadenza. Quella era una Costituzione di natura compromissoria che andava bene per un Paese ancora traumatizzato dalla guerra e succube degli eventi internazionali post-bellici. Come scrivo nel libro, è semplicemente una fotografia in bianco e nero di un mondo che non c’è più.

Ci dici, in poche parole, perché il federalismo non ha funzionato in Italia?
Senza scadere nell’accademia e volendo semplificare al massimo, il federalismo non ha funzionato perché manca uno degli elementi fondamentali che caratterizzano i sistemi di questo tipo: la responsabilità economica e politica degli enti federati. Le riforme pseudo-federali varate dai governi italiani ha dato l’autonomia e trascurato la responsabilità: e così ancora oggi gli enti locali in dissesto finanziario battono cassa al governo centrale. E noi paghiamo. Questo non è federalismo.

Costituzione, Stato e Crisi è un manifesto che potremmo definire duro, forte e “azzardato”. In fondo ci vuole coraggio per affrontare le tematiche che hai trattato e, ancor prima, ci vuole coraggio per mettere in discussione il concetto di Costituzione, figuriamoci tentare di minarne le basi. Che tipo di riscontro hai avuto con il pubblico?
Un riscontro che definirei sorprendente. Non mi ero fatto troppe illusioni al momento della pubblicazione. Invece, nei primi tre mesi - quando il libro era disponibile nel solo formato ebook e il cartaceo non era ancora in commercio - ho già venduto quasi 100 copie. Considerato l’argomento trattato e considerato che sono un illustre sconosciuto, mi ritengo già più che soddisfatto. Ma spero, ovviamente, che le “eresie” continuino a diffondersi a questo ritmo. Ciò che mi ha fatto davvero piacere sono stati i messaggi ricevuti su Facebook: non pensavo che il mio lavoro sarebbe stato apprezzato così tanto. E alla fine, per uno scrittore è questo l’aspetto più importante.

C’è un aspetto che hai tratto all’interno del libro al quale ti senti più legato? Se sì, perché?
Mi sento molto legato al già citato capitolo 5, e al capitolo 8 sul federalismo. E’ una tematica che mi piace particolarmente, e credo che ci tornerò anche in futuro.

Perché l’idea di questo titolo: “Costituzione, Stato e Crisi – ERESIE DI LIBERTÁ PER UN PAESE DI SUDDITI”?
Perché gli italiani, a forza di riporre la propria fiducia nello Stato, si sono ritrovati ad essere dei sudditi e non si sono accorti che ogni tassa che lo Stato introduce non viene mai più tolta. Lo Stato può fare ciò che vuole - tanto c’è la Costituzione più bella del mondo a fare da scudo - e intanto le libertà individuali vengono progressivamente erose. Basta vedere quanto è accaduto con la tanto decantata guerra all’evasione fiscale: sono stati introdotti strumenti orwelliani che ledono pesantemente la libertà individuale e lo stato di diritto, eppure molte persone hanno fatto spallucce. Bisogna rimettere in moto il diritto di critica e destarsi dal sonno della ragione.

“La vana ricerca di una società d’uguali ha generato un Paese timoroso della competizione e della concorrenza”. Ci commenti questa frase tratta dal tuo libro?
L’Italia è sempre stato il Paese del “nessuno deve rimanere indietro”. Invece, paradossalmente, non solo molti sono rimasti indietro, ma hanno pure fatto le valigie e hanno cambiato aria. La Costituzione risente pesantemente, come spiego nel libro, dell’influenza delle Costituzioni dell’Est. Il problema è che l’ossessiva ricerca dell’“uguaglianza” si è tradotta in un livellamento verso il basso delle competenze e nella staticità dell’economia. Appena sentiamo la parola “mercato” ormai ci viene in mente un mostro a tre teste. Purtroppo, in questo Paese - ancora prima di creare nuovi partiti politici - c’è davvero bisogno di intraprendere una lunga battaglia culturale contro il pensiero breve che domina il dibattito. Con questo libro, ho voluto dare il mio contributo e spero che per i lettori possa almeno essere uno spunto di riflessione.

Costituzione, Stato e Crisi è il tuo primo libro e, come capita ormai sempre più spesso, hai optato per l’autopubblicazione. Come mai? Come ti sei trovato a seguito di questa scelta?
Fino a qualche tempo fa, pubblicare un proprio scritto era pura utopia. Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito alla nascita e, soprattutto, alla maturazione di nuovi servizi online per l’autopubblicazione. Vi sono, naturalmente, dei pro e dei contro: io ho scelto Streelib e la mia esperienza in merito è positiva. I diritti rimangono assegnati all’autore - che può ritirare dal commercio o vendere ad una casa editrice il proprio scritto in qualsiasi momento - ed è possibile anche decidere e variare il prezzo di vendita in totale indipendenza. Per quanto riguarda la promozione, invece, è necessario rimboccarsi le maniche: non avendo una casa editrice alle spalle, l’autore deve fare tutto da solo. In definitiva, credo che l’autopubblicazione non sia per tutti, ma possa essere una valida alternativa. E’ appagante vedere il proprio scritto in tutti gli store internazionali, ma non bisogna fare l’errore di montarsi la testa, tenendo a mente che - al di là della promozione e di quanto si possa amare alla follia il proprio scritto - l’unico vero “giudice” sarà il mercato, ovvero i lettori. Da questa prospettiva, autopubblicarsi significa rischiare, e andare su un mercato altamente concorrenziale e vicino alla saturazione che abbonda di ogni tipo di proposta editoriale: insomma, per farsi notare bisogna sgomitare. Al momento del lancio, ho proposto l’ebook a 3,99 euro e da poco l’ho aumentato, ma solo di un euro. Il cartaceo è proposto a 11,99 euro. Di norma, gli scritti di questo genere vengono proposti a prezzi più alti (basta fare un confronto con opere simili su Amazon). Con l’autopubblicazione, le percentuali che rimangono all’autore sono accettabili, ma se devo essere sincero l’aspetto economico non mi interessa più di tanto: preferisco accontentarmi, piuttosto che scendere a patti con una casa editrice che magari vuole somme in anticipo direttamente dall’autore per coprire le spese. Non voglio ovviamente generalizzare, o demonizzare un intero settore: sicuramente ci sono case editrici oneste che fanno bene il proprio lavoro, ma credo che molti siano a conoscenza - internet abbonda di tali testimonianze - di pratiche poco chiare che a volte vengono messe in atto, in particolare nei confronti di scrittori alle prime armi.



- Pagina Facebook di Federico Cartellihttps://www.facebook.com/federico.cartelli


Ricordiamo che il libro disponibile in formato cartaceo e ebook su Amazon e anche in formato ebook per i seguenti dispositivi: Ibooks (Ipad), Kobo Store (Kobo) e Google Play (dispositivi Android).


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