“È imbarazzante voler far credere che quella del ’48 sia la Costituzione di tutti, quand’è palese che essa sia stata sequestrata da una determinata parte della politica e dell’accademia”.
No, non avete
letto male, la frase è proprio questa. E no, non state sognando, si parla
proprio della nostra Costituzione. Penserete, dunque, “Ma chi è questo pazzo
che si esprime in modo così audace parlando della Costituzione?”. La risposta è
semplice. Si tratta di Federico Cartelli, autore del libro Costituzione, Statoe Crisi – Eresie di libertà per un Paese di sudditi (libro disponibile in
formato cartaceo e ebook su Amazon e anche in formato ebook per i seguenti
dispositivi: Ibooks (Ipad), Kobo Store (Kobo) e Google Play (dispositivi
Android).
Non si tratta di
un vero e proprio saggio, quanto più di un manifesto in cui Cartelli compie un
atto di coraggio non sottovalutabile, anzi. Mette in discussione uno dei miti
storici della nostra società: la Costituzione. Nel farlo, però, non si ferma ad
accertarne i limiti e i difetti, non si limita a dire che la nostra Carta non è
di certo “la più bella del mondo”, ma attua dei confronti importanti con gli
altri Paesi europei e, soprattutto, propone una visione alternativa, che parte
da ciò che, secondo l’autore, manca alla nostra società: uno spirito critico
autonomo.
Che cos’è in
realtà la Costituzione? Cosa rappresenta, oggi, per l’Italia e per gli
italiani? E soprattutto, quali sono le responsabilità della politica nell’aver
perpetuato il culto della suddetta?
Queste sono
alcune delle domande che il manifesto pone e che trovano risposta in un
Federico Cartelli più agguerrito che mai. La Magna Carta – come scrive l’autore
– è stata concepita ormai molti decenni fa, in un contesto culturale in cui
(come ricorda anche Montanelli nella Storia d’Italia) le due forze politiche
– cattolica e marxista – hanno fatto scivolare dietro le quinte i grandi ideali
liberali (e, dunque, proprio le libertà individuali, come iniziativa e
proprietà privata) e, pertanto, non è riuscita ad adattarsi al nostro tempo e,
cosa ancora più atroce, l’incapacità cronica di ritoccare, migliorare le basi
fondamentali della Costituzione, non ha fatto altro che rafforzare il dogma
della sua intoccabilità.
“Mettere in discussione quella che Roberto Benigni ha definito «la nostra mamma» equivale a un atto sovversivo”
Non solo è vero, ma può essere anche “pericoloso”,
considerando il grande e fervente pubblico che continua a considerarla qualcosa
di sacro e inviolabile. Eppure Cartelli non si risparmia e ne ha per tutti: a
partire dalle cocenti considerazioni sullo Stato (“Lo Stato, attraverso la
Costituzione, propaganda sé stesso e in esso si specchia”), passando per una
lunga e puntuale dissertazione sulla scuola e sull’insegnamento della
Costituzione all’interno della stessa (“Noi, anziché creare i leader di domani,
creiamo persone deboli, già abituate alla comodità della spintarella di Stato”),
fino ad arrivare a ricchi capitoli che riguardano il diritto al lavoro (“Il
diritto al lavoro è la prima di una lunga serie di licenze poetiche che si sono
concessi i nostri Costituenti, in particolare nei Principi fondamentali”), la
ricchezza personale intesa come vera e propria colpa, da punire in nome
dell’equità (“[Si è] colpevolmente legato il concetto di libertà a quello di
uguaglianza economica e sociale, creando un humus ideologico che ha messo al
centro d’ogni ragionamento la collettività a scapito dell’individuo”), e il
federalismo – argomento sul quale Cartelli si sofferma lungamente.
Un testo breve
eppure ricco quello di Federico Cartelli, un testo che, in primis, ha
l’obiettivo di scuotere le coscienze addormentate degli italiani “sudditi”, ed
in secondo luogo indaga, in modo puntuale e preciso, le problematiche che
affliggono il nostro Paese, che gli impediscono di presentarsi, a livello
internazionale, in una nuova e migliorata veste, sanamente volta allo slancio
competitivo. Tutto questo è possibile partendo proprio dalla base, dalla
Costituzione e dalla necessità di prendere le distanze dall’idea che la
soluzione a tutto sia lo Stato.
Costituzione,
Stato e Crisi (con una prefazione di Carlo Lottieri) è un testo dalle mille
sfaccettature, che non si pone come guida essenziale e suprema, né tantomeno
come portavoce di verità inviolabili, ma piuttosto vuole rinverdire quel sano
spirito critico che gli italiani sembrano aver perso e di cui necessitano per
affrancarsi dai dogmi imposti dallo Stato.
Per conoscere meglio Costituzione, Stato e Crisi e il suo autore, ecco l’intervista a Federico Cartelli.
Voglio darti due
risposte a questa domanda. La prima, di carattere più generale, è che l’idea di
questo libro è
sempre stata con me, perché scrivere qualcosa di mio è un pensiero che ho
avuto sin da
bambino: quindi direi che questo è il naturale approdo. La seconda, più
specifica,
è che ho deciso
di trattare proprio questo argomento perché mi sono accorto, facendo delle
ricerche, che la
proposta editoriale di critica alla Costituzione era pressoché nulla. E’ in
commercio una
sterminata letteratura che incensa e loda la Carta, ma è avara nel senso
opposto. Quindi,
mi sono dato l’obbiettivo di sanare questa lacuna. Riguardo la necessità di pubblicarlo ora,
in verità la data di pubblicazione - inizi di maggio - è stato il risultato di
una concatenazione
di eventi, anche di natura personale. In realtà avevo fissato la data di
pubblicazione un
anno prima, ma per una serie di motivi e di circostanze non sono riuscito a rispettare
l’iniziale programma. E, paradossalmente, è stato molto meglio così, perché non poteva esserci momento
migliore di questo per far conoscere al pubblico il mio primo lavoro.
Qual è a conti
fatti, per Federico Cartelli, il punto più debole della nostra Costituzione? E
perché dobbiamo accettare che, come scrivi tu, non sia la Costituzione “più
bella del mondo”?
Questa
Costituzione ha tanti punti deboli. Se dovessi sceglierne uno, direi che
l’incipit è forse quello più
discutibile. La Repubblica “fondata sul lavoro” è una licenza poetica che i
nostri Costituenti
potevano risparmiarsi, e che ha dato luogo a davvero troppi “fraintendimenti”,
diciamo così. Nel libro ne parlo in maniera approfondita nel capitolo 5. Non è la più bella del mondo
perché, molto
semplicemente, è il prodotto di un preciso periodo storico che ha oltrepassato
da tempo la data di
scadenza. Quella era una Costituzione di natura compromissoria che andava bene
per un Paese ancora
traumatizzato dalla guerra e succube degli eventi internazionali post-bellici.
Come scrivo nel
libro, è semplicemente una fotografia in bianco e nero di un mondo che non c’è
più.
Ci dici, in poche parole, perché il federalismo
non ha funzionato in Italia?
Senza scadere
nell’accademia e volendo semplificare al massimo, il federalismo non ha funzionato
perché manca uno degli elementi fondamentali che caratterizzano i sistemi di
questo tipo: la
responsabilità economica e politica degli enti federati. Le riforme
pseudo-federali varate dai governi italiani
ha dato l’autonomia e trascurato la responsabilità: e così ancora oggi gli enti
locali in dissesto
finanziario battono cassa al governo centrale. E noi paghiamo. Questo non è federalismo.
Costituzione,
Stato e Crisi è un manifesto che potremmo definire duro, forte e “azzardato”.
In fondo ci vuole coraggio per affrontare le tematiche che hai trattato e,
ancor prima, ci vuole coraggio per mettere in discussione il concetto di
Costituzione, figuriamoci tentare di minarne le basi. Che tipo di riscontro hai
avuto con il pubblico?
Un riscontro che
definirei sorprendente. Non mi ero fatto troppe illusioni al momento della pubblicazione.
Invece, nei primi tre mesi - quando il libro era disponibile nel solo formato
ebook e il cartaceo non era
ancora in commercio - ho già venduto quasi 100 copie. Considerato l’argomento trattato e
considerato che sono un illustre sconosciuto, mi ritengo già più che
soddisfatto. Ma spero,
ovviamente, che le “eresie” continuino a diffondersi a questo ritmo. Ciò che mi
ha fatto davvero piacere
sono stati i messaggi ricevuti su Facebook: non pensavo che il mio lavoro sarebbe stato
apprezzato così tanto. E alla fine, per uno scrittore è questo l’aspetto più
importante.
C’è un aspetto che hai tratto all’interno del
libro al quale ti senti più legato? Se sì, perché?
Mi sento molto
legato al già citato capitolo 5, e al capitolo 8 sul federalismo. E’ una
tematica che mi piace
particolarmente, e credo che ci tornerò anche in futuro.
Perché l’idea di
questo titolo: “Costituzione, Stato e Crisi – ERESIE DI LIBERTÁ PER UN PAESE DI
SUDDITI”?
Perché gli
italiani, a forza di riporre la propria fiducia nello Stato, si sono ritrovati
ad essere dei sudditi e non si
sono accorti che ogni tassa che lo Stato introduce non viene mai più tolta. Lo
Stato può fare ciò che
vuole - tanto c’è la Costituzione più bella del mondo a fare da scudo - e
intanto le libertà
individuali vengono progressivamente erose. Basta vedere quanto è accaduto con
la tanto decantata guerra
all’evasione fiscale: sono stati introdotti strumenti orwelliani che ledono pesantemente la
libertà individuale e lo stato di diritto, eppure molte persone hanno fatto
spallucce. Bisogna
rimettere in moto il diritto di critica e destarsi dal sonno della ragione.
“La vana ricerca
di una società d’uguali ha generato un Paese timoroso della competizione e
della concorrenza”. Ci commenti questa frase tratta dal tuo libro?
L’Italia è
sempre stato il Paese del “nessuno deve rimanere indietro”. Invece,
paradossalmente, non solo molti
sono rimasti indietro, ma hanno pure fatto le valigie e hanno cambiato aria. La Costituzione
risente pesantemente, come spiego nel libro, dell’influenza delle Costituzioni
dell’Est. Il problema è
che l’ossessiva ricerca dell’“uguaglianza” si è tradotta in un livellamento
verso il basso delle
competenze e nella staticità dell’economia. Appena sentiamo la parola “mercato”
ormai ci viene in
mente un mostro a tre teste. Purtroppo, in questo Paese - ancora prima di
creare nuovi partiti politici
- c’è davvero bisogno di intraprendere una lunga battaglia culturale contro il
pensiero breve che domina
il dibattito. Con questo libro, ho voluto dare il mio contributo e spero che
per i lettori possa
almeno essere uno spunto di riflessione.
Costituzione,
Stato e Crisi è il tuo primo libro e, come capita ormai sempre più spesso, hai
optato per l’autopubblicazione. Come mai? Come ti sei trovato a seguito di
questa scelta?
Fino a qualche
tempo fa, pubblicare un proprio scritto era pura utopia. Negli ultimi anni,
invece, abbiamo
assistito alla nascita e, soprattutto, alla maturazione di nuovi servizi online
per l’autopubblicazione.
Vi sono, naturalmente, dei pro e dei contro: io ho scelto Streelib e la mia esperienza in
merito è positiva. I diritti rimangono assegnati all’autore - che può ritirare
dal commercio o
vendere ad una casa editrice il proprio scritto in qualsiasi momento - ed è
possibile anche decidere e
variare il prezzo di vendita in totale indipendenza. Per quanto riguarda la promozione,
invece, è necessario rimboccarsi le maniche: non avendo una casa editrice alle spalle, l’autore
deve fare tutto da solo. In definitiva, credo che l’autopubblicazione non sia
per tutti, ma possa essere
una valida alternativa. E’ appagante vedere il proprio scritto in tutti gli
store internazionali,
ma non bisogna fare l’errore di montarsi la testa, tenendo a mente che - al di
là della promozione e di
quanto si possa amare alla follia il proprio scritto - l’unico vero “giudice”
sarà il mercato, ovvero
i lettori. Da questa prospettiva, autopubblicarsi significa rischiare, e andare
su un mercato
altamente concorrenziale e vicino alla saturazione che abbonda di ogni tipo di
proposta editoriale:
insomma, per farsi notare bisogna sgomitare. Al momento del lancio, ho proposto l’ebook a 3,99
euro e da poco l’ho aumentato, ma solo di un euro. Il cartaceo è proposto a
11,99 euro. Di norma,
gli scritti di questo genere vengono proposti a prezzi più alti (basta fare un confronto con
opere simili su Amazon). Con l’autopubblicazione, le percentuali che rimangono all’autore sono
accettabili, ma se devo essere sincero l’aspetto economico non mi interessa più
di tanto:
preferisco accontentarmi, piuttosto che scendere a patti con una casa editrice
che magari vuole somme in
anticipo direttamente dall’autore per coprire le spese. Non voglio ovviamente generalizzare, o
demonizzare un intero settore: sicuramente ci sono case editrici oneste che
fanno bene il proprio
lavoro, ma credo che molti siano a conoscenza - internet abbonda di tali testimonianze -
di pratiche poco chiare che a volte vengono messe in atto, in particolare nei confronti di
scrittori alle prime armi.
- Pagina Facebook di Costituzione, Stato e Crisi : https://www.facebook.com/pages/Costituzione-Stato-e-crisi/1169144693102122?fref=ts
- Pagina Facebook di Federico Cartelli : https://www.facebook.com/federico.cartelli
Ricordiamo che il libro disponibile in formato cartaceo e ebook su Amazon e anche in formato ebook per i seguenti dispositivi: Ibooks (Ipad), Kobo Store (Kobo) e Google Play (dispositivi Android).
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