E il mio maestro m'insegnò com'è difficile recensire un buon libro. Blog dedicato alle menti aperte e a quelle chiuse che vorrebbero aprirsi. Recensioni, interviste, video recensioni, riflessioni a tutto tondo. A cura di GIULIA CIARAPICA, blogger, critica letteraria, presentatrice di eventi culturali.
sabato 30 agosto 2014
"Le relazioni pericolose" tra Oriana Fallaci e Indro Montanelli
giovedì 28 agosto 2014
"Le relazioni pericolose" tra Indro Montanelli e Oriana Fallaci
domenica 24 agosto 2014
Chiara Gamberale e il "Fenomeno dieci minuti": antibiotico culturale
"È curioso vedere che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che le maniere semplici sono quasi sempre prese per indizio di poco conto".
Ho scelto di aprire quest'articolo con un aforisma del buon, vecchio Giacomo Leopardi sostanzialmente per due motivi: un po' perché Giacomo non sbaglia mai (quasi), ed un po' perché il pensiero racchiude nell'essenza il punto focale da cui vorrei partire. La semplicità. Direte voi: e che c'entrano i libri della Gamberale con Leopardi? Poco o niente, giustamente. Ma la Gamberale, ed i suoi romanzi, c'entrano con la semplicità di cui Giacomo parla.
È da qualche tempo ormai che si può parlare di vero e proprio "fenomeno Gamberale", o forse sarebbe più opportuno parlare di "fenomeno dei dieci minuti": col suo ultimo romanzo (semi autobiografico, diciamolo) "Per dieci minuti", la giovane scrittrice romana ha dato letteralmente il via ad un vero e proprio gioco collettivo.
Per tutti coloro che ancora non avessero letto il libro - ed ora che siete incappati in questo articolo non potrete più tirarvi indietro - "Per dieci minuti" (Feltrinelli, 2013, 187 pp.) è un romanzo in cui troviamo una protagonista, Chiara, una antagonista, La-vita-a-volte, e tanti aiutanti. Chiara, smarrita in quel tunnel di malessere che alle volte qualcuno di noi è obbligato ad attraversare - lasciata dal marito dopo diciotto anni di matrimonio, derubata del lavoro che tanto amava, alle prese con una città, Roma, che tutto offre e tutto nasconde, anche i sentimenti più grandi - decide di accettare il "gioco dei dieci minuti" propostole dall'analista. Chi ha dei bambini, o anche semplicemente a chi è capitato di osservarli, anche da lontano, sa che il gioco è una cosa seria, e mai come in questo caso lo sarà per Chiara: ogni giorno, per trenta giorni, dovrà, per dieci minuti, fare qualcosa che non ha mai fatto prima. Che sia fare dei pancakes, mettere lo smalto fucsia, imparare a guidare, poco importa. Il fine ultimo è quello di concentrarsi, per 600 secondi del proprio tempo, e svolgere un'attività che fino a quel momento non aveva mai creduto di poter fare, perché assurda, improbabile, assolutamente lontana dalla sua persona.
Ecco, questo è ciò che la Gamberale fa, o meglio racconta, nelle fresche pagine di questo libro, che muove a riflessioni importanti. E questo è ciò che hanno fatto milioni di lettori dopo la lettura. Ebbene sì, il gioco sembra essere contagioso, tanto più se si tende a vederlo come una sorta di "panacea" dei malesseri che affliggono i nostri giorni. "Per dieci minuti" è, in pochissimo tempo, divenuto il libro-guida per chi cercava di rintracciare se stesso, annaspando tra complicatissimi termini medici, incespicando tra ansiolitici e tisane rilassanti, è diventato, insomma, alla fine, il vademecum di chi, con grande sorpresa, è riuscito a trarre un sospiro di sollievo (la parola ai testimoni, e ve ne sono assai) grazie alla semplicità - ed eccolo qui, Leopardi - del racconto di Chiara Gamberale. Semplicità, appunto: la via migliore da percorrere per esporre i propri pensieri, dare sfogo alle proprie inquietudini, condividere malumori e gioie, e, in definitiva, essere in grado di aiutare chi si confronta con noi.
Eccolo lì, dunque, il Fenomeno dei dieci minuti: semplice e impegnativo, proprio come questo libro, che, nella sua immediatezza di stile ed estrema fruibilità, permette di correre - forse anche inconsapevolmente - il rischio di ottenere quel che forse stavate perdendo di vista: voi stessi.
Come scrissi nella mia recensione al romanzo: "Il resoconto del diario che Chiara tiene per un anno diventa, in realtà, il diario di tutti coloro che lo leggono. In ogni pagina, dietro ogni azione, anche e soprattutto dietro l'impresa più anomala, assurda, improbabile, c'è ognuno di noi. È come se tra le righe del testo spuntassero tanti piccoli e puntuali ritratti del genere umano, e questo grazie alla non comune abilità della giovane scrittrice di palesare, con naturalezza e vivacità, i lati oscuri e i pensieri più inquietanti che albergano in lei, in noi".
Dunque: leggete, giocate e vivete.
"Non ho più un amore. Non ho più una cosa che sento davvero mia, non ho più un lavoro che mi piaceva. Non ho un perno: ecco. Ma la vita che gira attorno a questo perno che non c'è, forse, non è poi così male."
sabato 16 agosto 2014
"Lei era di quel mondo, dove le più belle cose / hanno il peggiordestino": le anime di Marguerite Duras
giovedì 14 agosto 2014
Il tempo mai stato - Stefan Zweig e il suo viaggio nel passato
"Il viaggio nel passato" narra della storia di un amore impossibile, ma sincero e profondo, tra un ragazzo di umili origini e la moglie del suo ricco benefattore. Stefan Zweig, in questo breve capolavoro, narra il loro incontro dopo gli anni della separazione, il loro ritrovarsi e il loro inquietante interrogarsi su cosa fosse rimasto del Loro Passato.
Per leggere la mia recensione vai su http://www.sololibri.net/Il-viaggio-nel-passato-Stefan.html
domenica 10 agosto 2014
Un attimo di felicità - di Giulia Ciarapica
domenica 3 agosto 2014
La Donna di Cristina De Stefano
sabato 2 agosto 2014
I condizionali e i minuti della palingenesi: il tempo anestetico di Chiara Gamberale
venerdì 1 agosto 2014
Gli imperativi del buon senso e del peccato: Grazia Deledda mette in scena la Madre
"Paulo, io non ho altro da dirti, e non voglio dirti più nulla. Ma parlerò di te con Dio".
Cosa succede se un parroco devoto e casto si innamora di una donna "giovine e sola"? Cosa succede se la madre del prete lo viene a sapere? E cosa succede se la fanciulla abbandonata al suo destino di solitudine, ormai per sempre, minaccia di rivelare tutto durante la messa domenicale?
Succede quel che è successo all'interno del libro di Grazia Deledda, 116 pagine di fine mattanza psicologica.
Trascendendo una dimensione puramente morale, oltrepassando i limiti imposti dal perbenismo, in questo breve capolavoro si staglia, imperante ed autoritaria, la figura della Madre. La vicenda del prete ventottenne in preda ad una crisi interiore, combattuto tra il giuramento di eterna fedeltà a Dio ed il desiderio di amare liberamente la donna che l'ha sedotto, riscoprire una debolezza adolescenziale mai portata a termine, una voglia contingente di cullarsi nel trasporto fisico nei confronti di una femmina in carne ed ossa, in realtà diviene un pretesto, quanto mai pericoloso, per dare spazio all'unica vera protagonista.
La madre di Paulo, barcamenandosi tra il ruolo di confessore e boia, si batte fino alla fine in nome della salvezza del figlio, di quell'anima persa e sbrindellata che sembra logorarsi giorno dopo giorno, come un vecchio vestito. Paulo, rapito dall'estasi del momento lussurioso, non è più in grado di salvaguardarsi, nè tantomeno di mettere al riparo la sua reputazione, cristallina ed invidiabile, di uomo eccelso, prete salvifico, sopra ogni modo rispettoso di sè e dei propri fedeli. Maria Maddalena, presa dallo sgomento per la terribile storia del figlio, lo implora di tornare sui suoi passi, lasciando Agnese a crogiolarsi nella sua essenza di donna. Gli ricorda con severità: "Paulo, io sono una donna ignorante, ma sono tua madre: e ti dico che il peccato è una malattia peggiore di ogni altra perché intacca l'anima". È lapidaria in tutta la sua superbia, disperata in tutto il suo lacerante grido di dolore. Lei, vedova fin dalla nascita di Paulo, ha avuto nel corso della vita più e più volte occasione di "peccare, o almeno procurarsi qualche svago", resistendo paziente ai colpi del destino. Tutto questo in onore del suo ruolo di madre, e madre di un Uomo di Fede.
Non ci sono più in ballo le apparenze, non ci sono più in ballo i pettegolezzi e i mesti sorrisetti dei viandanti che si affacciano all'uscio della chiesa: dentro queste righe c'è tutto il disagio di una donna che ha vissuto a metà, riversando sul figlio i timori taciuti, le passioni incontrollabili e quel senso di frustrazione che ha spalancato le sue porte dinanzi a Paulo e dinanzi a Dio. La Pace giungerà solo a conclusione del libro quando, ormai al culmine della sofferenza e della preoccupazione, Maria Maddelena, atterrita dalle intenzioni bellicose della giovane di rendere pubblica la relazione col figlio, morirà al cospetto di Paulo, in veste di celebrante, e di Agnese, angelo vendicatore pronto a confessare al mondo il peccato e l'orgoglio.
Testo inquietante per natura, emozionante per vocazione, alterna passi di entusiasmante vena descrittiva a passi di estrema freddezza narrativa. Una freddezza non del cuore, nè dell'anima, ma che scaturisce dal gelo della razionalità, chiamato a soccorrere e a placare gli scalpitanti desideri, divenuti fin troppo ingombranti. Un piccolo regalo della Deledda atto ad arricchire il panorama della letteratura italiana contemporanea.