lunedì 30 novembre 2015

"Fossi in te io insisterei": la mia video recensione della lettera di Carlo Gabardini al padre

Buon pomeriggio lettori!



Oggi altro giro, altra corsa, ed eccomi qui per parlarvi di un nuovo consiglio letterario. Questa settimana per la rubrica Il libro suona sempre due volte suggerisco di leggere Fossi in te io insisterei. Lettera a mio padre sulla vita ancora da vivere di Carlo Giuseppe Gabardini (Mondadori, 2015).

"Venir fuori, mostrarsi per chi si è realmente, urlare cosa si desidera per la propria esistenza, non concerne solo la sfera sessuale, riguarda il nostro senso di stare al mondo. Fare coming-out significa cominciare a vivere".

Con Fossi in te io insisterei Gabardini - già autore e attore, conduttore per radio24 - approda nel mondo della letteratura contemporanea regalandoci una lettera a suo padre, scomparso ormai 15 anni fa, che oscilla tra la dolcezza, l'amarezza e l'immancabile ironia che lo contraddistingue. Questo libro è un coming-out della vita, un vero e proprio coming-out dell'esistenza, perché Carlo Giuseppe Gabardini decide di raccontarsi - a suo padre e al mondo - per quello che è: eterno indeciso, omosessuale gioioso, figlio incazzato e sofferente per la morte prematura di un padre che ha amato - ricambiato - con tutto se stesso, ma di un amore puro, sano, indipendente. Mai morboso, mai patetico. Autentico.


Ho cercato, attraverso questa video recensione, di spiegarvi cos'è Fossi in te io insisterei in 6 minuti totali.

Buona visione e ovviamente buona lettura!

(Per leggere la mia recensione completa clicca qui)



Vi ricordo l'appuntamento con Carlo Giuseppe Gabardini mercoledì 9 dicembre, ore 18.15, presso il Cantinone di Osimo (Ancona). Parlerò con l'autore di Fossi in te io insisterei.

Divertimento assicurato! Non mancate!


venerdì 27 novembre 2015

I "Silenzi di porpora" di Carlo Romano: R.I.S. in scena


Prendete una storia, metteteci dentro un capitano del R.I.S. – Reparto Investigazioni Scientifiche – di Messina, un assassino/a, una serie di delitti atroci che si dipanano tra i musei delle più grandi città siciliane, una grande dose di suspanse – mista ad inquietudine e, a tratti, ad autentico terrore – e un eccellente ritratto psicologico dei personaggi: avrete il thriller perfetto.
Thriller perfetto che da ora ha un titolo, Silenzi di porpora, e un autore, Carlo Romano, biologo molecolare nonché Maggiore dei Carabinieri del R.I.S. di Messina. Questo gioiello di ansia e paura, edito da Falco Editore, è l’opera prima di Carlo Romano, che ha voluto esordire con un romanzo che non lascia scampo al lettore. Intenso, coinvolgente e complesso.
Ci troviamo in Sicilia insieme a Giovanni Raimondi, neocapitano del R.I.S. di Messina, insieme a Santarelli, il suo collaboratore più anziano ma anche il più vicino a Raimondi per intuizione e intelligenza, e insieme a tutta la squadra del Reparto Investigazioni Scientifiche, chiamata ad indagare su una serie di omicidi che hanno qualcosa di assurdamente macabro.
L’assassino o l’assassina di cui Raimondi dovrà scoprire l’identità si sta divertendo a dare spettacolo della propria follia: nei più famosi musei delle più grandi città isolane vengono ritrovati dei veri e propri mosaici umani, una coppia di individui trucidati, dissanguati e poi ricomposti scambiando le parti dei due corpi.
Chi può mai compiere un gesto simile? E soprattutto, perché? Per quale motivo i corpi vengono sempre ritrovati in una cornice museale? Qual è il filo conduttore che porterà alla mente malata dell’assassino?
Una Sicilia grande e accogliente fa da sfondo a questa storia fatta di misteri, vendette e sanguinosi omicidi, una storia in cui la complessità della trama e la meticolosa descrizione di tutte le sue fasi, gioca certamente a favore dell’autore e anche del pubblico di lettori. Mentre ci si affeziona, a mano a mano, al capitano Raimondi e a tutta la squadra, non si può fare a meno di seguire con attenzione una vicenda che non ha nulla di scontato: fino alla fine il lettore porterà avanti la sua tesi, arrivando ad un passo dalla verità, ma che potrebbe essere smentita da un bel colpo di scena sul finire del romanzo.
Carlo Romano attua, con successo, un’operazione difficile e delicata: utilizzando tutti gli strumenti della sua realtà quotidiana, costruisce una trama che ruota attorno ad un cospicuo numero di personaggi. La particolarità, però, è che non ci troviamo di fronte a dei protagonisti artificiosi, statici, confinati entro il recinto delle macchiette classiche del giallo, nessun figurante banale o presentato in modo superficiale, ma anzi, sembrerà quasi di conoscerli, tanto sono vicini alla realtà di tutti i giorni: Romano porta in scena il suo lavoro, porta in scena il R.I.S. di Messina, aiutando il lettore ad immergersi nelle atmosfere che proprio l’autore vive ogni giorno.
Perfino la dovizia di particolari con cui vengono descritte le scene del crimine, le procedure effettuate nelle indagini, gli attrezzi utilizzati in laboratorio, contribuisce ad accentuare la suspanse e al contempo rende tutto molto più veritiero e, proprio per questo, accattivante.

Carlo Romano, insomma, sceglie di romanzare la realtà dei fatti, quella realtà che, purtroppo di frequente, leggiamo negli inserti di cronaca nera, ma lo fa tratteggiando il profilo psicologico dei soggetti e soprattutto dell’assassino. Il romanzo, esattamente come fa il serial killer, oscilla tra la vita e la morte, tra quel tutto e quel nulla che proprio il criminale vorrebbe indossare.
“Aveva danzato sul filo sottile che separa la vita dalla morte vestito del tutto e del nulla”.
L’elemento della danza richiama decisamente un appiglio alla vita, alla gioia dell’esistenza, gioia che, però, viene inabissata dall’esaltazione della morte: l’assassino distrugge per poter vivere di nuovo, per impregnarsi del nulla e quindi di un tutto che non gli appartiene, ma che sottrae alle sue prede. Dietro il macabro piano di uccisione delle sue vittime, infatti, il folle omicida nasconde un intento ben preciso, protetto da una ferrea psicologia dell’assurdo in cui si alternano i desideri di rinascita e di distruzione, gli estremi del destino dell’uomo.
Lo stile asciutto, limpido e velato di una sottile ironia – che non manca di far scappare un sorriso al lettore, specie durante i dialoghi tra Raimondi e Santarelli – è arricchito, inoltre, da un elemento che regala al thriller qualcosa di gustosamente letterario: Carlo Romano, con intelligenza e maestria, inserisce all’interno della storia una traccia classica, pochi e semplici spunti che richiamano l’Iliade di Omero e la tradizione della mitologia greca. Una scelta vincente per fare di un grande thriller anche un giallo raffinato, paragonabile per ricchezza della trama e finezza psicologica a Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris.
Un romanzo d’esordio che non lascia dubbi, un autore che potrebbe rivelarsi una promessa del thriller italiano. Potente. 

venerdì 20 novembre 2015

Sono musulmano, non sono terrorista. Chi è l'ISIS e perché?


Parigi, 13/11/15. Illustrazione di Angela Varani


Buongiorno lettori,
ad una settimana di distanza è doveroso continuare a parlare non solo dei terribili attentati che hanno sconvolto Parigi - e l'Europa tutta - lo scorso venerdì 13 novembre, ma bisogna continuare a discutere sull'affaire terrorismo. Siamo in guerra, è ormai un dato di fatto. Ma contro chi?

Chi è l'ISIS? Come si struttura? Da chi è composto? E inoltre: come si finanzia questo sedicente e autoproclamato Stato Islamico?

Bisogna, è chiaro, partire dalle basi per avere un quadro più preciso della situazione. L'informazione attraverso i quotidiani, attraverso il web e, ora, anche attraverso i social network, è doverosa. Ma se si vuole andare a fondo e cercare di rintracciare cause fatti e conseguenze (possibili), propongo di studiare qualche testo che ho personalmente letto ed apprezzato.

#PrayForParis - illustrazione di Jean Jullien

 In primis suggerisco i testi che ho recensito nel corso di questo anno su The Fielder (cliccando sui titoli potete trovare la mia recensione e farvi un'idea più precisa):

- Il Califfato nero. Le origini dell'ISIS, il nuovo Medio Oriente, i rischi per l'Occidente di Jack Caravelli e Jordan Foresi, Nutrimenti : un testo basilare per comprendere chi è l'ISIS, come e quando nasce, dove si muove e come si finanzia.

- Arte e terrorismo. Sulla distruzione islamica del patrimonio storico artistico di Luca Nannipieri, Rubbettino : per comprendere, tra le altre cose, come l'ISIS riesce a finanziarsi con il saccheggio di opere d'arte e il commercio on line.

- La Soldatessa del Califfato. Il racconto della miliziana fuggita dall'ISIS di Simone Di Meo e Giuseppe Iannini, Imprimatur : l'intervista/ confessione shock ad una ex miliziana dell'Is. In appendice trovate anche il manuale di reclutamento.

- Maria Giulia che divenne Fatima. Storia della donna che ha lasciato l'Italia per l'ISIS di Marta Serafini (giornalista Corriere della Sera) : chi è Maria Giulia Sergio? Perché ha aderito alla causa jihadista? Si parla di foreign fighters e dell'asse Italia-Albania. (POST DEL BLOG)



C'è un punto, inoltre, su cui vorrei soffermarmi. Oriana Fallaci. Ho sentito e letto, in questi giorni, moltissime citazioni presumibilmente tratte dai libri della Fallaci e, beninteso, mi riferisco a La rabbia e l'orgoglio e La forza della ragione.  



Attacchi di una violenza inaudita (e menomale che siamo noi quelli che si battono contro il terrorismo) da una parte, atteggiamenti idolatranti dall'altra. La cosa più triste è che spesso la maggior parte di queste persone non ha mai letto la Fallaci, ma parla per partito preso.
Come ben saprete, ormai, io sono un'amante della cara Oriana, la buona, vecchia Oriana che sta a tutti sulle palle. Perché era irriverente, perché aveva un modo piuttosto aggressivo di proporsi e di esporre le proprie idee, eppure Oriana è stata immensa ed è stata molto altro.
Ripenso a Un uomo, ripenso a Lettera a un bambino mai nato, a Penelope alla guerra, a Niente e così sia. Ripenso a Un cappello pieno di ciliegie, alle prime interviste ai divi del cinema raccolte ne Gli antipatici, ripenso anche a Il sesso debole. E poi ci sono quei testi che non potete permettevi il lusso di non leggere, non fosse altro che per avere contezza di chi state (e di cosa state) criticando: parlo di Intervista con la storia e Intervista con il potere. Questa raccolta di interviste ai grandi personaggi che hanno fatto la Storia del Novecento è qualcosa da cui non si può prescindere, se davvero si vuol capire chi è stata Oriana Fallaci.

Ed infine, certo, c'è stata La rabbia e l'orgoglio, c'è stata quell'Oriana che a troppi non è piaciuta. Eppure, nonostante possa capire la posizione di chi si scaglia contro una certa ideologia o contro una certa - miserevole - politica, continuo a non comprendere perché non si dà atto alla Fallaci di quanto ha predetto.
Sbagliato il modo? La do per buona. Giusto. Ma condannare qualcuno per aver sostanzialmente palesato una gran parte della triste verità che stiamo subendo oggi, no, è da vigliacchi. Perché radunare tutti i musulmani sotto la cupola del terrorismo è più che errato, ma nascondersi dietro ad un dito senza avere l'intelligenza di riconoscere da che parte proviene quel male, è altrettanto meschino.

L'ISIS, il terrorismo, l'Islam integralista e fondamentalista, sono certamente un tumore dell'Islam moderato (se ci pensate, perché avere la necessità di parlare di Islam "moderato"? Noi abbiamo forse un Cristianesimo "moderato"? No. C'è sicuramente un Cristianesimo che, in nome di Dio, ha combattuto crociate e bruciato le streghe al rogo, ma, insomma, eravamo anche in pieno Medioevo. E pur constatando che anche oggi esistono i fanatici - per qualsiasi tipo di religione - dobbiamo intelligentemente e obiettivamente ammettere che NESSUNO UCCIDE 130 PERSONE per fanatismo religioso all'urlo di Allah è grande!), ma, per capire contro chi dobbiamo combattere, non si può prescindere - armandoci di buon senso - dall'individuare la provenienza del germe del male.

Detto ciò, vorrei proporvi qualche riflessione sulla figura di Oriana Fallaci. Io ne ho scritto qui, sempre su The Fielder, a più riprese:

- Oriana una donna di Cristina De Stefano, Rizzoli : consiglio di partire da qui per capire chi era davvero Oriana Fallaci. Una biografia essenziale, asciutta e non retorica.

- Il mio cuore è più stanco della mia voce di Oriana Fallaci, Rizzoli : un testo in cui sono raccolte le conferenze che Oriana ha tenuto nelle varie università americane. Si parla di giornalismo e di politica.

- La rabbia e l'orgoglio di Oriana Fallaci, Rizzoli : ecco il manifesto di Oriana Fallaci, il testo incriminato. Io ho provato ad analizzarlo punto per punto.


Mi permetto di inserire anche la mia recensione a Sottomissione di Michel Houellebecq , testo profetico, a suo modo:

- Sottomissione di Michel Houellebecq, Bompiani. 


Buona lettura e buone riflessioni.

Tutte le Donne di Giuseppina Torregrossa, ossia "Il figlio maschio"


“No, non mi pare giusto, è che il mondo è fatto per i maschi. Ma tu devi resistere. Sei una femmina, puoi farlo”.
Il mondo è senza dubbio destinato agli uomini, ma le braccia che lo sorreggono sono certamente quelle di donne forti e volitive, sotto cui grava il peso del mistero esistenziale. A loro è concesso il dolore della Vita, che agita, sconquassa, mette alla prova con lo scopo di allenare il cuore agli addii e alle gioie sommesse.
Ma evidentemente la concentrazione più grande di donne, che prima ancora di essere individui sono femmine, la troviamo nella Sicilia di Giuseppina Torregrossa, che parla di grandi Donne nel suo ultimo romanzo Il figlio maschio (Rizzoli, 2015, pp. 309).
Questa è una saga familiare che abbraccia circa ottant’anni di storia vera – i personaggi sono realmente esistiti, alcuni sono ancora in vita – una storia fatta di piccoli e grandi sconvolgimenti, in cui all’odore degli agrumi siciliani si mescolano i pettegolezzi delle donne di Palermo, i rimproveri e le lacrime delle mamme catanesi e la dolcezza luminosa dei paesaggi siciliani.
Don Turiddu Ciuni - negli ormai lontani anni ’20 del Novecento - ha solo un pensiero in testa, un’idea fissa che sì lo culla, ma che soprattutto lo tormenta: chi dei suoi figli si occuperà del feudo di Testasecca una volta che le forze lo avranno abbandonato? Chi dedicherà il suo tempo, la sua passione, a quel terreno dell’entroterra siciliano che tanto gli somiglia? La moglie Concetta continua a deludere le sue aspettative, lei che si ostina a far studiare tutti e dodici i figli, femmine comprese, lei che mette in testa persino a Filippo, il primogenito a cui la terra sembrava destinata per legge naturale, quelle “grandissime minchiate” chiamate “libri”.
Fin da subito si delinea il filo conduttore del romanzo: i libri. L’amore per la carta, l’inchiostro, le copertine foderate in pelle e incise con grandi caratteri dorati, l’amore per la letteratura – e poi la passione per l’editoria – saranno i perni attorno a cui ruoteranno le vite dei protagonisti. Filippo Ciuni, “il figlio maschio” prediletto, segnerà il tracciato della storia della sua famiglia, una storia fatta di librerie, di bisticci, di pubblicazioni e anche di soddisfazione. Concettina, che adora quel fratello sognatore sì, ma anche concreto e intelligente, sposa la causa letteraria di Filippo e – siamo già arrivati a metà degli anni ’30 – insieme a lui lascia Sommatino per Palermo, dove intravede la possibilità di un futuro diverso, migliore, per e grazie ai libri.
“Nei libri Concettina cercava soprattutto vite nuove da vivere. E quando si affezionava a un personaggio, se lo portava dietro in ogni momento della giornata”.
Ecco che i libri, dunque, non sono solo simbolo concreto di indipendenza e di riscatto (grazie alla libreria aperta da Filippo), ma sono soprattutto passione e possibilità di reinventarsi, di ricercarsi (e ricrearsi) in altre esistenze, in altri luoghi, in altri personaggi. Per tutta la durata del romanzo i libri saranno la cupola sotto cui si raduneranno gli animi dei protagonisti, saranno il rifugio che non si piega allo scorrere del tempo, dei decenni e che non è soggetto a logoramento: cambia la forma, cambia la veste, magari si modifica anche il contenuto, ma l’essenza resta.
Da quel lontano 1934, durante il quale Concettina – che si sentiva al sicuro solo “in quella farraginosa gabbia d’inibizioni che si era costruita fin dall’infanzia” – e Filippo si industriano per portare avanti con successo la libreria, di anni ne passano, e passano così anche gli eventi, che si fanno parola a volte dura a volte morbida, scivolando sotto la penna guizzante della Torregrossa. La sorte decide che la famiglia Ciuni prima e la famiglia Cavallotto poi, si dovranno destreggiare nella rete di inganni, illusioni e sconvolgimenti che la vita ha riservato per loro. Tutto cambia e tutto resta: il cocente sole siciliano vedrà nascere e crescere gli amori di Mimma e Libertino, di Adalgisa e Vito, vedrà fiorire i sogni di Cetti, di Luisa e di Anna, così come il gelido vento palermitano di febbraio sarà testimone di morti dolorose e di addii inaspettati.
Giuseppina Torregrossa costruisce in poco più di trecento pagine una saga familiare che non lascia dubbi: intensa, appassionante, incisiva, una storia di vita vissuta che, proprio come la Vita, si aggrappa con tutte le forze alle pagine del libro, mostrando la sua forza e il suo coraggio. Le vere protagoniste del romanzo della Torregrossa sono le donne, quelle femmine siciliane che, dagli inizi del Novecento fino agli anni ’90, conservano un ardore speciale, quasi misterioso. A partire da Concetta Russo, passando per la figlia Concettina, fino ad arrivare a Mimma, Adalgisa, a Cetti, Luisa ed Anna, rintracciamo un unico sentimento, quello della rabbia. Ma, badate bene, non si tratta di rabbia intesa come elemento negativo, la loro è rabbia di vivere, o meglio la rabbia dell’esistenza: un concentrato di amore, sofferenza, illusione mascherata da disillusione, audacia e viva intelligenza, che le porteranno a fronteggiare i traumi della loro storia personale come solo le Donne sono capaci di fare.
Paradossalmente Il figlio maschio è un romanzo che parla di una femminilità che si impone con forza, donne sicure della loro disperazione e del loro perché.
“Era stata una donna forte e volitiva e aveva reagito alle avversità con un certo cipiglio”.
Questo si dice di Concetta, la moglie di Don Turiddu, che fin da subito impone al marito la sua necessità di allargare gli orizzonti: Filippo, il suo primogenito, non sarà destinato alla terra, ma alla cultura. Sono le donne a decidere cosa ne sarà del futuro, sono loro a stabilire l’urgenza del riscatto sociale, ad individuare la luce in fondo al tunnel, a rintracciare – ogni volta – il guizzo di autenticità che renderà le loro azioni pure e quasi sempre vincenti.

Gli anni corrono veloci, molte cose cambiano, le librerie chiudono e riaprono, ma la tenacia delle donne resta immutata. Chi con un pizzico di malizia, chi con arguzia, chi mossa da livore, chi da semplice – e ingenua – curiosità, ognuna di queste figure femminili (giovane o vecchia che sia) ha un ruolo ben definito entro il quale stabilisce il prima e il dopo in quella terra possente che è la Sicilia. Sicilia a cui la Torregrossa (palermitana doc) si sente particolarmente vicina e che sembra quasi diventare essa stessa una donna: è mamma che protegge e accudisce, ma al contempo è guerriera spavalda e severa, che rimprovera e ferisce. Un’isola che fa da sfondo a questo romanzo, romanzo che però, a sua volta, si impregna profondamente dei sapori e degli odori della sua terra, a partire dalla lingua: la Torregrossa accompagna il lettore nell’immersione delle atmosfere siciliane, utilizzando il dialetto in modo piacevole e delicato.
La Sicilia descritta ne Il figlio maschio è una Sicilia ben diversa da quella che ci presenta un Orazio Labbate, o un D’Arrigo o un Bufalino, perché non è solo terra oscura e torbida, autoritaria e misteriosa, che si dimena nell’inquietudine della notte, ma diventa Sicilia che abbraccia e accoglie, pur mantenendo la sua autorevolezza. Si avverte – con una venatura di nostalgia – l’impronta di Vitaliano Brancati, della struggente malinconia che pervade, a tratti, romanzi come Il bell’Antonio o Conversazione in Sicilia di Vittorini: la grandezza della scrittura della Torregrossa risiede nella capacità di sfornare un prodotto moderno ma che odora di antico, in cui è ancora possibile gustare il sapore della grande letteratura del Novecento.
Mentre da una parte i libri sono pilastro e fondamenta delle vite dei protagonisti e sorreggono il testo delineando anche le scelte di chi lo abita, dall’altra è vero che il romanzo, pur essendo portavoce del potere femminile, conserva anche uno sguardo per quelle anime maschili che sono il frutto stesso della donna. L’anima maschile più sensibile, e forse per questo più vicina al mondo femminile, è quella di Vito: marito devoto e discreto, padre premuroso e attento, libraio appassionato. Questo è Vito, il figlio prediletto di Concettina, che racchiude in sé una dolcezza che si distanzia nettamente dalla forza della madre, amazzone ferita ma ancora combattente.
Si intersecano, dunque, i vissuti di uomini e donne, di maschi e femmine, mentre si accingono a prendere posto in quel grande edificio di storia e di emozioni che Giuseppina Torregrossa ha eretto con Il figlio maschio.

venerdì 13 novembre 2015

Il bello dell'Italia visto con gli occhi della stampa estera

Buongiorno amici lettori!



Quanto è vivace il vostro spirito patriottico? Quanto amate il nostro Belpaese? Quanto vi sentite dei veri italiani?
Molto? Poco? Non importa, io ho comunque qualcosa che fa al caso vostro.
Oggi vi propongo l'intervista che ho realizzato per Sololibri a Maarten van Aalderen, autore de Il bello dell'Italia (Albeggi edizioni, 2015).

Potete cliccare qui per leggere l'intervista integrale, ma intanto voglio darvi un'idea di cosa parliamo.

Maarten van Aalderen, classe 1965, è un giornalista olandese che da ben diciotto anni è corrispondente del maggior quotidiano olandese, De Telegraaf, per l'Italia e la Turchia. E' stato anche, tra le altre cose, Presidente dell'Associazione della Stampa Estera in Italia dal 2009 al 2011 e dal 2013 al 2015.
Torna in libreria con Il bello dell'Italia. Il Belpaese visto dai corrispondenti della stampa estera: Maarten ha raccolto 25 interviste a 25 colleghi provenienti dai cinque continenti, i quali hanno parlato dell'Italia elencandone difetti sì, ma soprattutto pregi. Sì, perché questa volta van Aalderen ha deciso di fare - come l'ha definito lui stesso - "giornalismo positivo". Ha voluto parlare dell'Italia cercando di tirarne fuori le mille bellezze e sottolineandone il lato ottimista, creativo e cordiale.


Volete saperne di più? Potete anche leggere la mia recensione de Il bello dell'Italia realizzata per The Fielder cliccando qui!





Dunque non mi resta che augurarvi una buona lettura e ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate!



giovedì 12 novembre 2015

Video recensione: #6 L'IMPREVEDIBILE PIANO DELLA SCRITTRICE SENZA NOME di ALICE BASSO

Buonasera a tutti i miei amici lettori!

Oggi vi propongo una nuova video recensione: per la rubrica Il libro suona sempre due volte, suggerisco di leggere L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome di Alice Basso (Garzanti, 2015).



Qui di seguito potete trovare il link alla mia video recensione:

https://www.youtube.com/watch?v=JFXU85h9vCU


E, se vi va, potete iscrivervi al mio canale YouTube Giulia Ciarapica!




Troverete tutte le video recensioni e i video delle mie presentazioni letterarie!







STAY TUNED!

IV edizione "L'altra metà del libro" - Genova 13/14/15/ novembre



Al via domani la quarta edizione di un festival tutto made in Liguria, L’altra metà del libro, una tre giorni – 13/14/15 Novembre 2015 – che si svolgerà al Palazzo Ducale di Genova, durante la quale si alterneranno ospiti di grande prestigio, sia a livello nazionale che internazionale.
Si parte ricordando uno degli intellettuali più complessi e amati di tutto il Novecento, Pier Paolo Pasolini: Rocco Ronchi, venerdì 13, indagherà la cause per cui Pasolini, a distanza di quarant’anni dalla morte, faccia ancora così tanto parlare di sé e delle sue opere, riscuotendo un successo che non accenna ad affievolirsi.
Ma la giornata di venerdì continua in grande stile, con Nicola LagioiaPremio Strega 2015 con La ferocia – e Giorgio Falco che dialogheranno sulla letteratura italiana al giorno d’oggi: nasce, e si sviluppa forse, dalle rovine di un mondo al capolinea? Gli scrittori di oggi, ragazzi degli anni ’70, sono stati influenzati dal loro passato?
Ed è la volta di Paolo Maurensig sabato 14, ore 11, che converserà insieme a Bruno Quaranta del suo Teoria delle ombre (Adelphi, 2015), giunto alla seconda edizione; si procede con la video intervista a Camilleri per continuare, poi, con Adriano Sofri che parlerà, insieme a Luca Borzani, del suo La memoria di Elvira (Sellerio, 2015).
La serata di sabato si concluderà con un dialogo tra Marco Peano – autore de L’invenzione della madre (minimum fax, 2015) – e Marco Missiroli – autore di Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015). I due scrittori parleranno, con Michele Vaccari – curatore della sezione sulla narrativa contemporanea italiana – di femminilità ferita e femminilità conquistata.
La giornata conclusiva, domenica 15 novembre, partirà invece all’insegna dell’internazionalità: Miguel Syjuco, pietra miliare non solo per la letteratura filippina, si interrogherà sul senso della scrittura e sul valore di ciò che gli autori realizzano, mentre Ben Pastor parlerà del suo Kaputt mundi, il terzo romanzo del ciclo dedicato al personaggio di Martin Bora, ufficiale dell'esercito tedesco durante la Seconda guerra mondiale.
E poi ancora ci saranno Maurizio Maggiani in dialogo con Luca Borzani, Yasmina Khadra, grande scrittore algerino, che parlerà de L’ultima notte del Rais, Stefano Bartezzaghi che recupererà le lezioni del grande Italo Calvino ed infine sarà presente la finalista al Premio Campiello 2015, ossia l’abbandonologa Carmen Pellegrino, in dialogo con Aldo Nove.
Ma il festival non finisce qui, perché martedì 24 ci sarà un extra dedicato a Neri Marcoré e Giorgio Gallione che discuteranno sull’importanza della lettura, mentre Carlo Lucarelli chiuderà questa edizione del festival L’altra metà del libro parlando de Il Tempo delle iene (Einaudi, novembre 2015).
Questo, e molto altro, animerà la città di Genova nel prossimo week end novembrino, complici anche le mostre – artistiche e fotografiche – che verranno esposte nel capoluogo ligure e l’evento La Notte dei libri insonni: sabato 14 torna questa magica notte di letture, giochi, laboratori dedicata ai bambini dagli 8 ai 12 anni. Inoltre sarà possibile partecipare – sabato 14, dalle 10 alle 13, dalle 14 alle 17 – al laboratorio di scrittura creativa di Officina letteraria, condotto da Ester Armanino ed Emilia Marasco.
Nel mare magnum dei festival letterari promossi in territorio italiano, L’altra metà del libro vuole offrire nuovi punti di vista e nuove opportunità di dialogo, organizzando incontri che avranno luogo nella splendida cornice di Palazzo Ducale.
Dal 13 al 15 novembre non perdete dunque L’altra metà del libro.



L’hashtag della manifestazione è #gelegge15 

Per maggiori info sul programma clicca qui.

lunedì 9 novembre 2015

Video recensione de "Le tre notti dell'abbondanza" di Paola Cereda

Buonasera amici lettori e lettrici!

Oggi vi propongo qualcosa di nuovo, qualcosa che stuzzichi la creatività e soprattutto la fantasia di gente come voi, appassionata ed intellettualmente vivace.



Vi presento non solo il mio canale YouTube, ma vi voglio proporre un modo nuovo di parlare di libri: le video recensioni stanno ormai diventando un punto di riferimento per chi non ha tempo di leggere una recensione scritta e - a volte - anche lunga (come le mie!).
Perciò ho pensato di facilitarvi il lavoro e di parlare - entro un massimo di 7 minuti - del libro che ogni settimana suggerisco di leggere, avendo in cura la rubrica Il libro suona sempre due volte.

Ebbene, il libro che consiglio questa settimana è Le tre notti dell'abbondanza di Paola Cereda (Piemme, 2015), che ho già avuto il piacere di presentare presso la libreria Il Mercante di Storie (Osimo, AN) lo scorso 9 ottobre.

Ecco, dunque, il link alla video recensione:

https://www.youtube.com/watch?v=UOE9D69I46w



Buona visione e soprattutto...BUONA LETTURA!



venerdì 6 novembre 2015

"Leggere ci rende più forti": combattiamo la violenza con la forza delle parole



Il 30 ottobre è partita un'importante campagna promossa da Giunti Editore - valida fino al 28 novembre - contro la violenza sulle donne e sui bambini soggetti a violenze domestiche in Italia.

Leggere ci rende più forti è un progetto che vuole sostenere la dignità e il coraggio umano utilizzando la forza delle parole: basta acquistare un libro a scelta fra gli oltre 50 testi di narrativa femminile selezionati da Giunti e scontati del 20%.
Il 5% del ricavato sarà destinato alla Fondazione Pangea Onlus, a sostegno del progetto Piccoli ospiti, promosso anche da Maria Grazia Cucinotta.



Per saperne di più, leggete qui il mio articolo per Ghigliottina.it.


CONDIVIDETE, DIFFONDETE E...LEGGETE!

#leggereciredenpiùforti #mammacheblog 




"Il clima ideale" si trova in libreria: l'esordio letterario del giornalista Franco Vanni



Buongiorno amici lettori,
oggi vi segnalo la mia recensione de Il clima ideale di Franco Vanni (Laurana editore, 2015) uscita su Sololibri.net.

Franco Vanni è cronista giudiziario di "la Repubblica" ed ha esordito in campo letterario con un noir che ha le sfumature classiche del giallo, ma tradisce un substrato prettamente letterario: il testo sembra pervaso di un sentimento malinconico che rende il romanzo accattivante e originale, ben al di sopra delle aspettative.

Riporto di seguito la trama che trovate anche sulla quarta di copertina:

"Bosnia orientale, 1992. Sono tutti morti, tranne una ragazza di 16 anni. Ha visto uccidere i suoi genitori ed è prigioniera di Dragan, capo di una formazione paramilitare.
Milano, vent’anni dopo. Michele fa il lobbista, o il “creatore del clima ideale per i clienti”, come dice. È abituato ad avere il controllo in ogni situazione. Ma tutto cambia quando nonno Folco lo incarica di scoprire chi sia davvero Nina, cameriera serba che lavora a Tirana. Qualcosa va storto. Troppa gente si fa male. Qualcuno segue Michele. Perché il nonno vuole informazioni su Nina? Perché tutti quelli che entrano in contatto con lei rischiano la vita? Le risposte si nascondono in un intreccio di indagini private, truppe mercenarie, ambizioni politiche e viaggi notturni fra Milano, l’Albania, la Serbia e la Bosnia. Il clima ideale è un thriller che accompagna il lettore lungo un percorso di sangue, che dalle SS di Adolf Hitler porta alle squadre della morte nell’ex Jugoslavia. Fino al cuore nero dell’Europa".

Per leggere anche un estratto del libro basta cliccare qui.

Ecco invece il LINK alla MIA RECENSIONE:





Per visitare il sito de Il clima ideale basta cliccare qui.


Buona lettura e...come sempre, buon divertimento!






giovedì 5 novembre 2015

Nuovo indirizzo per SE QUESTO E' UN LIBRO!

Buonasera carissimi lettori,

scrivo due righe per comunicarvi che l'indirizzo del blog è stato modificato! Ora potete cercarmi nei motori di ricerca andando su: www.sequestoeunlibro.blogspot.it

Segnato? Bene! Buone letture!

e... STAY TUNED, as usual *


mercoledì 4 novembre 2015

L'esordio vincente della scrittrice con un nome: Alice Basso

«Devo chiederglielo, Sarca. Mi faccia capire. Come ha fatto a impararlo? Ci è nata? O lo è diventata a un certo punto della vita? E, se è così, a causa di cosa?»«Mi scusi ma non capisco, commissario. "Diventata" come?»«Ma così Sarca. Capace di entrare nella testa degli altri. (…)»
È così: Silvana (Cassandra) SarcaVani per gli amici, se di amici si può parlare per questa fanciulla solitaria e cupa – trentaquattro anni, residente in quel di Torino – la zona meno chic, intendiamoci – ha la capacità innata di immedesimarsi nei panni degli altri. O meglio, ha la capacità di diventare qualcun altro: pensare allo stesso modo, parlare allo stesso modo, ma soprattutto scrivere allo stesso modo. Perché scrivere è una delle cose che Vani sa fare meglio.
Questo personaggio strambo, che veste sempre di nero, che non si separa mai dal suo lungo impermeabile logorato dal tempo e dal grigiore torinese, con un ciuffo di capelli – anch’esso nerissimo, beninteso – che le copre quasi completamente l’occhio sinistro, insomma, questa Vani Sarca che tanto somiglia a Lisbeth Salander, è la protagonista di un esordio letterario a dir poco sorprendente. Lei è la ghostwriter che ci presenta Alice Basso nel suo primo romanzo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (Garzanti, 2015, pp.271).



 No, non è la solita storia a sfondo rosa, e no, non è la solita storiella costruita nell’ambiente editoriale, dove i libri sembrano essere l’unica ragione di vita per il protagonista. Questa è una vicenda che fa leva soprattutto sull’originalità: Vani è una ragazza disillusa, disincantata, che non si fida più della gente e che si tiene lontana dalla calca della mondanità, è sarcastica, apparentemente sprezzante, annoiata da qualsiasi cosa, in una parola ferita. Sì, perché al di là dell’aspetto aggressivo, degli stivali che vorrebbero intimorire e del rossetto viola che impone una barriera tra lei e il resto del mondo, Vani ha un passato fatto di piccole mancanze, di fugaci sguardi di disapprovazione, di brevi e spensierate battute che hanno minato, a poco a poco, il vissuto di una Donna Diversa. Lei non è come tutti, lei ha grandi qualità, lei è capace di essere qualcun altro senza perdersi mai di vista. Come sfruttare questo dono, accuratamente affinato con lo scorrere del tempo? Scrivendo romanzi per questo fantomatico qualcun altro. Ed ecco che la signorina Sarca diventa la ghostwriter per le Edizioni L’Erica.
L’empatia profonda e l’intuito formidabile porteranno Vani a scrivere per diversi autori, fino a quando non arriva L’Autore per cui scrivere Il Libro. Si tratta di Riccardo Randi, scrittore che ha già accumulato un discreto successo, ma che ora non riesce a destreggiarsi nei meandri del classico “blocco”. Enrico Fuschi, editore delle Edizioni L’Erica, nonché capo di Vani, per la prima volta decide che è necessario che la ghostwriter incontri l’autore per capire che cosa ne sarà del lavoro. Non solo Più dritto di una corda di chitarra diventerà un romanzo di grande successo, ma anche il cuore di Vani sembrerà aprirsi dopo tanto tempo ai languori dell’amore, complice una immediata sintonia che sembra instaurarsi tra la ghostwriter e Riccardo.
Purtroppo questo vivace momento sentimentale cozza con gli impegni lavorativi della dottoressa Sarca, perché Vani, in questo momento, non può distrarsi: sta lavorando ad un nuovo romanzo di una nota scrittrice, Bianca Dell’Arte Cantavilla, famosa per le sue Cronache angeliche, in cui riporterebbe i messaggi che le riferiscono gli angeli con cui è in contatto.
Niente di più lontano da Vani, eppure deve, come sempre, svolgere brillantemente il suo lavoro, salvo incappare in quello che, per lei, sarà un vero e proprio caso da risolvere. Bianca è scomparsa. Sarà proprio Vani ad aiutare il commissario Berganza a seguire la pista che li porteranno alla soluzione del caso.
Come detto in precedenza, non si tratta di una storia d’amore, non si tratta di un giallo, non si tratta neanche di una commedia a sfondo prettamente comico. L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome è tutto questo messo insieme, in modo a dir poco magistrale e intelligente. Accanto alla quotidianità di Vani, fatta di libri, scrittori da studiare, analizzare e “riprodurre”, scivola di sottecchi la vicenda sentimentale con Riccardo. Mentre la protagonista cerca di districarsi con una materia – l’amore – che ha dimenticato per troppo tempo chiusa nel cassetto, si insinua nella sua vita un caso di sequestro di persona, che la porterà ad incontrare un commissario che crede fermamente nelle sue qualità, riconoscendone un talento unico e per questo utile allo svolgimento delle indagini.
Con una scrittura che oscilla tra ironia, sarcasmo e la leggerezza classica dell’informalità, Alice Basso crea un personaggio a cui è impossibile non affezionarsi, complice uno stile che subito stringe amicizia con il lettore. Vani Sarca possiede una particolarità: esteriormente assomiglia a Lisbeth Salander, ha la stessa pungente e acuta ironia dei migliori protagonisti di romanzi gialli, e tuttavia è un personaggio che riesce a somigliare solo a se stesso, unico nel suo genere.
Vani conserva mille sfumature, tipiche di chi è integro fuori ma lacerato dentro: dietro al sarcasmo, all’ironia di cui si serve per attaccare, prima ancora di essere attaccata, si nasconde la bontà dei disillusi, che poi così disillusi non sono mai.
“È precisamente questo – questo mio vacillare sul bordo del dubbio – che mi fa incazzare.Io odio sentirmi destabilizzata”.
Chi è in realtà Vani? Non è forse il genio incompreso che si rifugia dietro al paravento del menefreghismo, per paura di sporcarsi le mani con la vita? Per paura, forse, di rimanerci di nuovo male, memore delle ferite di un’intera esistenza, ancora non del tutto risanate, sempre pronte a riaprirsi e a sanguinare?
A mano a mano che si procede con la lettura, ci si accorge che proprio questa protagonista – apparentemente tutta d’un pezzo, avvolta nel suo impermeabile nero – ha bisogno di evolversi, di crescere, di conoscersi anche, e lo fa con il lettore, di fronte al lettore. Si mette a nudo ed impara a mettersi in gioco proprio in corso d’opera.
È per questo che L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo in cui la saccente protagonista insegna al pubblico come districarsi nel mondo dell’editoria, come fare del proprio lavoro un CAPOlavoro, ma insegna soprattutto l’arte dell’esistere, che è ben diverso dal saper vivere. Esistere implica l’esserci, con tutti i sentimenti e con tutta l’intuizione di cui si è capaci. La costruzione – o, come in questo caso, la ri-costruzione – di se stessi avviene sempre mettendoci la faccia, proprio come sceglie di fare Vani.
“Nessuno si propone mai per un ruolo da ghostwriter. Intanto perché è un ruolo di merda: tutti vogliono diventare scrittori, nessuno vuole che qualcun altro firmi i suoi libri. E poi perché è un lavoro maledettamente difficile. E, infatti, rarissimo”.
Ed eccoci al tema chiave del romanzo: il lavoro di ghostwriter. Quello di Alice Basso è forse il primo caso in Italia in cui il protagonista di un romanzo d’esordio è un personaggio scomodo, che fa un lavoro altrettanto scomodo e di cui si parla davvero pochissimo. Questa volta si guarda al mondo dell’editoria con occhi decisamente differenti: in primis in modo molto più disincantato, e per questo più realistico; in secundis si parte dal presupposto che il pubblico sia anche un pubblico curioso. Quanti dei lettori della Basso saranno degli aspiranti scrittori? Quanti degli aspiranti editor, redattori, ghostwriter (perché no?) o semplici appassionati della materia? Ebbene la giovane autrice di carne sul fuoco ne mette a volontà, regalandoci un nuovo e originale punto di vista, con l’aiuto dello sguardo attento di chi lavora nel buio, dietro le quinte.
Accanto alle descrizioni particolareggiate ed esilaranti dei singoli personaggi, troneggia la figura del commissario Berganza: sebbene assomigli molto al Philippe Marlowe di Chandler, tuttavia – anch’esso – riesce ad assomigliare realmente solo a se stesso. Nessun intuito sopraffino – e artificioso – alla Sherlock Holmes: questa volta abbiamo qualcosa di molto più realistico, abbiamo un commissario preparato, che sa il fatto suo e che si avvale dell’aiuto di una giovane donna che riesce ad entrare nella mente delle persone. All’umiltà – inaspettata – e al coraggio di Berganza, si mescolano grande intelligenza e soprattutto una preparazione letteraria che riecheggia, in verità, in tutto il romanzo.
Ed ecco l’altro punto di forza del libro: Alice Basso sfodera la sua cultura in campo letterario ed artistico senza che il lettore ne venga sopraffatto. Inserisce citazioni colte in ogni anfratto disponibile del romanzo, nei dialoghi tra i personaggi, nel finale che, pur non contenendo in modo esplicito dei riferimenti letterari, resta pur sempre un finale degno dei migliori gialli della Christie, in cui sembra di sentir parlare un Poirot in gonnella.
Prendendo sapientemente in giro i grandi classici della cultura internazionale, la Basso insegna senza mettersi in cattedra, ma piuttosto gioca con il lettore stimolandone la vivacità intellettiva.

L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo. È l’esilarante miscuglio di intelligenza, arguzia, ironia e bravura. Non ve ne pentirete.