«Devo
chiederglielo, Sarca. Mi faccia capire. Come ha fatto a impararlo? Ci è nata? O
lo è diventata a un certo punto della vita? E, se è così, a causa di cosa?»«Mi scusi ma non
capisco, commissario. "Diventata" come?»«Ma così Sarca.
Capace di entrare nella testa degli altri. (…)»
È così: Silvana
(Cassandra) Sarca – Vani per gli amici, se di amici si può parlare per questa
fanciulla solitaria e cupa – trentaquattro anni, residente in quel di Torino –
la zona meno chic, intendiamoci – ha la capacità innata di immedesimarsi nei
panni degli altri. O meglio, ha la capacità di diventare qualcun altro: pensare
allo stesso modo, parlare allo stesso modo, ma soprattutto scrivere allo stesso
modo. Perché scrivere è una delle cose che Vani sa fare meglio.
Questo
personaggio strambo, che veste sempre di nero, che non si separa mai dal suo
lungo impermeabile logorato dal tempo e dal grigiore torinese, con un ciuffo di
capelli – anch’esso nerissimo, beninteso – che le copre quasi completamente l’occhio
sinistro, insomma, questa Vani Sarca che tanto somiglia a Lisbeth Salander, è
la protagonista di un esordio letterario a dir poco sorprendente. Lei è la
ghostwriter che ci presenta Alice Basso nel suo primo romanzo L’imprevedibile
piano della scrittrice senza nome (Garzanti, 2015, pp.271).
No, non è la solita storia a sfondo rosa, e
no, non è la solita storiella costruita nell’ambiente editoriale, dove i libri
sembrano essere l’unica ragione di vita per il protagonista. Questa è una vicenda
che fa leva soprattutto sull’originalità: Vani è una ragazza disillusa,
disincantata, che non si fida più della gente e che si tiene lontana dalla calca
della mondanità, è sarcastica, apparentemente sprezzante, annoiata da qualsiasi
cosa, in una parola ferita. Sì, perché al di là dell’aspetto aggressivo, degli
stivali che vorrebbero intimorire e del rossetto viola che impone una barriera
tra lei e il resto del mondo, Vani ha un passato fatto di piccole mancanze, di
fugaci sguardi di disapprovazione, di brevi e spensierate battute che hanno
minato, a poco a poco, il vissuto di una Donna Diversa. Lei non è come tutti,
lei ha grandi qualità, lei è capace di essere qualcun altro senza perdersi mai
di vista. Come sfruttare questo dono, accuratamente affinato con lo scorrere
del tempo? Scrivendo romanzi per questo fantomatico qualcun altro. Ed ecco che
la signorina Sarca diventa la ghostwriter per le Edizioni L’Erica.
L’empatia
profonda e l’intuito formidabile porteranno Vani a scrivere per diversi autori,
fino a quando non arriva L’Autore per cui scrivere Il Libro. Si tratta di
Riccardo Randi, scrittore che ha già accumulato un discreto successo, ma che
ora non riesce a destreggiarsi nei meandri del classico “blocco”. Enrico
Fuschi, editore delle Edizioni L’Erica, nonché capo di Vani, per la prima volta
decide che è necessario che la ghostwriter incontri l’autore per capire che
cosa ne sarà del lavoro. Non solo Più dritto di una corda di chitarra diventerà un romanzo di grande successo, ma anche il cuore di Vani sembrerà
aprirsi dopo tanto tempo ai languori dell’amore, complice una immediata
sintonia che sembra instaurarsi tra la ghostwriter e Riccardo.
Purtroppo questo
vivace momento sentimentale cozza con gli impegni lavorativi della dottoressa
Sarca, perché Vani, in questo momento, non può distrarsi: sta lavorando ad un
nuovo romanzo di una nota scrittrice, Bianca Dell’Arte Cantavilla, famosa per
le sue Cronache angeliche, in cui riporterebbe i messaggi che le riferiscono
gli angeli con cui è in contatto.
Niente di più
lontano da Vani, eppure deve, come sempre, svolgere brillantemente il suo
lavoro, salvo incappare in quello che, per lei, sarà un vero e proprio caso da
risolvere. Bianca è scomparsa. Sarà proprio Vani ad aiutare il commissario
Berganza a seguire la pista che li porteranno alla soluzione del caso.
Come detto in
precedenza, non si tratta di una storia d’amore, non si tratta di un giallo,
non si tratta neanche di una commedia a sfondo prettamente comico. L’imprevedibile
piano della scrittrice senza nome è tutto questo messo insieme, in modo a dir
poco magistrale e intelligente. Accanto alla quotidianità di Vani, fatta di
libri, scrittori da studiare, analizzare e “riprodurre”, scivola di sottecchi
la vicenda sentimentale con Riccardo. Mentre la protagonista cerca di
districarsi con una materia – l’amore – che ha dimenticato per troppo tempo
chiusa nel cassetto, si insinua nella sua vita un caso di sequestro di persona,
che la porterà ad incontrare un commissario che crede fermamente nelle sue
qualità, riconoscendone un talento unico e per questo utile allo svolgimento
delle indagini.
Con una
scrittura che oscilla tra ironia, sarcasmo e la leggerezza classica dell’informalità,
Alice Basso crea un personaggio a cui è impossibile non affezionarsi, complice
uno stile che subito stringe amicizia con il lettore. Vani Sarca possiede una
particolarità: esteriormente assomiglia a Lisbeth Salander, ha la stessa
pungente e acuta ironia dei migliori protagonisti di romanzi gialli, e tuttavia
è un personaggio che riesce a somigliare solo a se stesso, unico nel suo
genere.
Vani conserva
mille sfumature, tipiche di chi è integro fuori ma lacerato dentro: dietro al
sarcasmo, all’ironia di cui si serve per attaccare, prima ancora di essere attaccata,
si nasconde la bontà dei disillusi, che poi così disillusi non sono mai.
“È precisamente
questo – questo mio vacillare sul bordo del dubbio – che mi fa incazzare.Io odio sentirmi
destabilizzata”.
Chi è in realtà
Vani? Non è forse il genio incompreso che si rifugia dietro al paravento del
menefreghismo, per paura di sporcarsi le mani con la vita? Per paura, forse, di
rimanerci di nuovo male, memore delle ferite di un’intera esistenza, ancora non
del tutto risanate, sempre pronte a riaprirsi e a sanguinare?
A mano a mano
che si procede con la lettura, ci si accorge che proprio questa protagonista –
apparentemente tutta d’un pezzo, avvolta nel suo impermeabile nero – ha bisogno
di evolversi, di crescere, di conoscersi anche, e lo fa con il lettore, di fronte al lettore. Si
mette a nudo ed impara a mettersi in gioco proprio in corso d’opera.
È per questo che L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo in
cui la saccente protagonista insegna al pubblico come districarsi nel mondo
dell’editoria, come fare del proprio lavoro un CAPOlavoro, ma insegna
soprattutto l’arte dell’esistere, che è ben diverso dal saper vivere. Esistere
implica l’esserci, con tutti i sentimenti e con tutta l’intuizione di cui si è
capaci. La costruzione – o, come in questo caso, la ri-costruzione – di se
stessi avviene sempre mettendoci la faccia, proprio come sceglie di fare Vani.
“Nessuno si
propone mai per un ruolo da ghostwriter. Intanto perché è un ruolo di merda:
tutti vogliono diventare scrittori, nessuno vuole che qualcun altro firmi i
suoi libri. E poi perché è un lavoro maledettamente difficile. E, infatti,
rarissimo”.
Ed eccoci al
tema chiave del romanzo: il lavoro di ghostwriter. Quello di Alice Basso è
forse il primo caso in Italia in cui il protagonista di un romanzo d’esordio è
un personaggio scomodo, che fa un lavoro altrettanto scomodo e di cui si parla
davvero pochissimo. Questa volta si guarda al mondo dell’editoria con occhi
decisamente differenti: in primis in modo molto più disincantato, e per questo più
realistico; in secundis si parte dal presupposto che il pubblico sia anche un
pubblico curioso. Quanti dei lettori della Basso saranno degli aspiranti
scrittori? Quanti degli aspiranti editor, redattori, ghostwriter (perché no?) o
semplici appassionati della materia? Ebbene la giovane autrice di carne sul fuoco
ne mette a volontà, regalandoci un nuovo e originale punto di vista, con l’aiuto
dello sguardo attento di chi lavora nel buio, dietro le quinte.
Accanto alle
descrizioni particolareggiate ed esilaranti dei singoli personaggi, troneggia
la figura del commissario Berganza: sebbene assomigli molto al Philippe Marlowe
di Chandler, tuttavia – anch’esso – riesce ad assomigliare realmente solo a se
stesso. Nessun intuito sopraffino – e artificioso – alla Sherlock Holmes: questa
volta abbiamo qualcosa di molto più realistico, abbiamo un commissario
preparato, che sa il fatto suo e che si avvale dell’aiuto di una giovane donna
che riesce ad entrare nella mente delle persone. All’umiltà – inaspettata – e al
coraggio di Berganza, si mescolano grande intelligenza e soprattutto una
preparazione letteraria che riecheggia, in verità, in tutto il romanzo.
Ed ecco l’altro
punto di forza del libro: Alice Basso sfodera la sua cultura in campo
letterario ed artistico senza che il lettore ne venga sopraffatto. Inserisce
citazioni colte in ogni anfratto disponibile del romanzo, nei dialoghi tra i
personaggi, nel finale che, pur non contenendo in modo esplicito dei
riferimenti letterari, resta pur sempre un finale degno dei migliori gialli
della Christie, in cui sembra di sentir parlare un Poirot in gonnella.
Prendendo
sapientemente in giro i grandi classici della cultura internazionale, la Basso
insegna senza mettersi in cattedra, ma piuttosto gioca con il lettore
stimolandone la vivacità intellettiva.
L’imprevedibile
piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo. È l’esilarante
miscuglio di intelligenza, arguzia, ironia e bravura. Non ve ne pentirete.