giovedì 11 dicembre 2014

Intervista a Paolo Panzacchi, autore di "Dreamin' Vicious"

"Il vero punto è questo; quando passeggi per le vie dei tuoi giorni e incontri un filo rosso, lo raccogli attratto dal suo colore e dall'oggetto inconsueto in un insolito contesto, non sai che altri, divorati dalla curiosità come te, hanno compiuto lo stesso gesto, non sai che, con loro condividerai il tuo destino (...). In ogni caso tu sei il tuo pezzo di filo, senza speranza di ritorno".

Forse nella parte finale del libro, posta in chiusura, c'è l'essenza di tutto quello che Paolo Panzacchi ha voluto esprimere nel suo romanzo d'esordio, Dreamin' Vicious (Kolibris edizioni, 2014), un romanzo breve ed intenso, (come già specificato nella mia recensione al libro, che trovate andando su Sololibri.net al link http://www.sololibri.net/Dreamin-vicious-Paolo-Panzacchi.html ) dal forte sapore psicologico, con una netta prevalenza per la descrizione degli stati d'animo di chi abita il dolore di questo romanzo, piuttosto che per un'azione che, forse, risulterebbe fine a se stessa.
Abbiamo dialogato con il giovane autore per indagare meglio le intenzioni del romanzo e dello scrittore stesso, per cercare di sviscerare le motivazioni che lo hanno portato a descrivere, così magistralmente, se pure con una certa gradevole ed appagante leggerezza della forma, degli stati d'animo e delle emozioni tanto forti, quanto pericolosamente veri e, proprio per questo, fragili.
Per voi, l'intervista a Paolo Panzacchi.



INTERVISTA A PAOLO PANZACCHI, AUTORE DI DREAMIN' VICIOUS

Paolo Panzacchi, blogger e scrittore nato a Sassuolo nel 1984, ma ferrarese di adozione, fortemente legato alla sua terra e soprattutto alla città di Bologna, proprio dove è ambientato il suo primo romanzo, Dreamin' Vicious. La presenza della città all'interno del libro, infatti, è molto forte, tanto che Silvia Belcastro nella postfazione la definisce una sorta di "Samarcanda". Quanto è importante, dunque, per te, il legame con questa città che sembra essere la madre di chi vive principalmente di notte?

Il mio legame con Bologna è molto profondo. E' una città che sa sempre sorprenderti e che negli anni mi ha dato molto, sotto il profilo umano principalmente. Ho incontrato persone davvero speciali, non solo i bolognesi duri e puri, ma anche i tanti studenti fuorisede che da sempre la animano. Bologna è diversa a seconda di come la vivi, di come la guardi, di quando la vivi. Bologna di giorno è elegante, un po' retrò, quasi malinconica. Di notte sa essere veloce, ma anche fumosa e piena di mistero. Insomma, se sai giocare bene le tue carte non ti annoi mai.

Il libro, come ho detto anche nella recensione, è un "romanzo della Vita" in cui si intrecciano e si incastrano come i tasselli di un puzzle le vite di tre personaggi, ognuno alla ricerca di sé e alla rincorsa dell'altro, per potersi completare. Come è nata l'idea di questo romanzo che potrebbe anche essere definito come un romanzo sull'individuo e sul suo rapporto con la società? Quali sono le riflessioni di base che ti hanno portato ad elaborare un testo dallo sfondo così fortemente psicologico, in cui l'azione, quasi, sembra scomparire?

L'idea è nata durante un periodo di riflessione, di cambiamento. L'idea era quella di raccontare le vite di persone che si trovano costrette a prendere decisioni complesse in poco tempo, dovendo riuscire a mantenere una parvenza di equilibrio personale, operazione molto difficile, che ai personaggi del mio romanzo non sempre riesce. Ho voluto di proposito concedere poco spazio all'azione, che ritengo qualcosa di febbrile, rapido, che poco tempo lascia alla parola e molto a qualcosa di tangibile, come un gesto, un comportamento. Ho premuto molto l'acceleratore su ciò che precede l'azione, sul momento in cui i muscoli si contraggono, sull'idea dell'agire, sul come farlo e sul valutarne le implicazioni.

Veniamo ai singoli personaggi: Guglielmo, il protagonista maschile, è uno scrittore in cerca di ispirazione e che ha un problema non indifferente con l'alcool. Sembra abbracciare l'immagine classica dello scrittore maledetto, in un certo senso, salvo poi renderci conto, a mano a mano che si procede con la lettura, che lui è molto più vincente quando scrive, rispetto a quando vive. Quanto c'è di autobiografico nel personaggio di Guglielmo, nella sua debolezza, nella sua rabbia mal sfogata, ma, tuttavia, nella sua capacità di diventare quello che avrebbe voluto, uno scrittore?

Non posso trincerarmi dietro a una bugia. In Guglielmo c'è molto di me. Lui è un vincente solo quando scrive, mi piace questa tua visione, mi trova completamente d'accordo. Guglielmo riesce, tramite la scrittura, a isolarsi da ciò che lo fa soffrire, ad attutire il fastidioso rumore di fondo della vita e a poterne godere appieno, senza filtri né limiti. Per costruire il suo personaggio ho voluto indagare su una possibile vita che avrei potuto condurre, estremizzarla e giocarci un po' su. E' stata una bellissima avventura.

Elena ed Alba. Sono le due figure femminili che ruotano attorno alla vita di Guglielmo, seppure in modi e toni differenti. Elena, infatti, è un avvocato trentacinquenne che abbandonerà sia l'amante, Guglielmo, che il marito Riccardo, e cercherà di ricostruire una vita e se stessa lontano, a Parigi. Alba, invece, è un medico che non pensa tanto al proprio lavoro, quanto alla propria soddisfazione sessuale, che cerca sia con gli uomini che con le donne. Alba, tuttavia, resta un personaggio molto più definito, più sfaccettato rispetto ad Elena, che sembra essere leggermente lasciata sullo sfondo, tanto che alla fine Cat - il destino, la vita, la Fortuna - dirà proprio di Alba: "Quanto mi rende orgogliosa... Solo lei ha incarnato in pieno la voglia di toccare il fondo". Dunque, che personaggi sono Elena ed Alba? Come mai la scelta di soffermarsi così tanto su Alba? Cosa incarna realmente questa donna?

Elena è una donna piena di dubbi, che troppo spesso nella propria vita è stata vittima degli eventi e troppo poco protagonista delle proprie scelte. Procedendo con il romanzo assistiamo a una sua progressiva maturazione, sino al suo entrare in contatto con le paure che non aveva mai affrontato. Lo farà a modo suo, camminando sulle uova, con circospezione. Alba è senza dubbio un personaggio al quale sono molto legato. Dura, spigolosa, volgare ma non banale, sfrontata, esagerata. Una bomba. E' una donna coraggiosa, ci sarebbe bisogno di donne con la sua forza. Alba incarna la voglia di rivincita, di riscatto, di un genere di donna che non ha mai alzato la voce, che ha detto troppe volte sì. Una volta che la gabbia nella quale è confinata comincia ad arrugginire, lei decide che non è più il tempo di avere confini e accetta la sfida della vita, seppur comportandosi con foga eccessiva, con disinibizione, il tutto non esclusivamente per una volontà autodistruttiva o punitiva, anche per il non essere, purtroppo, avvezza alla libertà.

Silvia Belcastro, sempre nella postfazione al romanzo, dice che Dreamin' Vicious è un'opera che "si discosta lievemente dal gothic novel e assume invece il ritmo di una pièce teatrale". Quali sono gli elementi all'interno del libro, secondo te, che rientrano indubbiamente in questa categoria letteraria? E come mai questa scelta?

Silvia ha ben analizzato la costruzione del mio romanzo e ha evidenziato questa caratteristica, questa dimensione teatrale, che ho provato a dare a Dreamin' vicious. La scelta è dettata dal fatto che volevo rappresentare, quasi in modo statico, cristallizzandole, le vite di questi personaggi. I capitoli in cui faccio recitare monologhi ai protagonisti sicuramente rappresentano con maggior forza la categoria della pièce.

Ed ora vorrei chiederti qualcosa che possa essere anche di aiuto ai lettori, e soprattutto a coloro che vorrebbero iniziare a scoprire questo fantastico ed eclettico mondo della letteratura. Quali libri consiglieresti al pubblico di lettori? Quali sono i romanzi, i saggi, i testi che ti hanno formato e ai quali sei più legato?

Sono legato ad alcuni autori, più che a qualche testo in particolare. Amo molto Banana Yoshimoto, Yukio Mishima e in generale la letteratura giapponese. Edward Bunker, Charles Bukowski, ritenendoli unici nel loro genere, diretti e spietati nella scrittura, sicuramente da loro ho tratto molta ispirazione. Nel panorama letterario italiano amo molto il lavoro di Grazia Verasani, che ritengo un'autentica fuoriclasse. Dovessi consigliare, però, tre libri, consiglierei N.P. di Banana Yoshimoto, Tutto il freddo che ho preso di Grazia Verasani e L'igiene dell'assassino di Amélie Nothomb.

E un libro che consiglieresti a chi si approccia per la prima volta alla lettura?

Un libro che sicuramente consiglio è Il giovane Holden di Salinger: un romanzo potente, di grande impatto e che tutti, a mio parere, dovrebbe leggere.

Ringraziandoti per la disponibilità e la gentilezza, è d'obbligo chiederti: novità in arrivo? Cosa bolle in pentola, magari già per il prossimo anno? Hai intenzione di regalarci un altro romanzo sulla scia di Dreamin' Vicious o cambierai completamente genere?

Ci sono alcune  novità. Ho appena ultimato un romanzo di cui Dreamin' vicious è una sorta di prequel, quindi parlerò ancora di Guglielmo, Elena e Alba. Se tutto andrà come previsto l'anno prossimo sarà pubblicato. Inoltre sto lavorando a un romanzo noir molto particolare: la storia una famiglia industriale e sullo sfondo servizi segreti deviati e finanza internazionale. Ultimo, ma non ultimo, da Novembre è on line il mio sito www.paolopanzacchi.it sul quale potrete seguire tutte le mie iniziative e il mio blog "l'ultima stazione del mio treno".

                                        
                                         L'autore alla presentazione di Dreamin' Vicious alla libreria
                                         Feltrinelli di Ferrara


mercoledì 26 novembre 2014

Intervista a Stefano Bonazzi, autore di "A bocca chiusa"

"Avevo sei anni quando nonno le spezzò la mano.
Ero in salotto, seduto davanti al grande tavolo di legno. Tutto, a quell'eta, mi sembrava troppo grande".
È così che inizia il thriller di Stefano Bonazzi, scrittore esordiente che pubblica quest'anno il suo primo romanzo, A bocca chiusa, per la Newton Compton
Del libro, un geniale thriller a sfondo fortemente psicologico, in cui il dramma, l'ironia e il sarcasmo si mescolano sapientemente dando luogo ad un eccellente mix che incanterà il lettore, si è già parlato nella recensione apparsa su Ghigliottina.it (http://www.ghigliottina.it/2014/11/20/bocca-chiusa-stefano-bonazzi/) , ma per conoscere meglio l'autore ed avere un'idea più precisa del romanzo e dei motivi che hanno spinto Bonazzi a scriverlo, propongo qui di seguito l'intervista all'autore, con domande riguardanti la sua vocazione alla scrittura e la necessità di elaborare un testo tanto duro quanto intimamente drammatico, nella sua sorprendente bellezza.
 
 
 
 
INTERVISTA A STEFANO BONAZZI, AUTORE DI A BOCCA CHIUSA
 

Classe 1983, web master e grafico ferrarese, da oltre dieci anni realizzi fotografie e composizioni sul mondo dell'arte pop surrealista. Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro? Quale esigenza interiore? E soprattutto, come vivi, chiamiamola così, questa nuova esperienza di scrittore?
 
Essenzialmente rabbia. Venivo da un periodo di forte stress emotivo, cercavo un modo per incanalare tutto il nero che stavo accumulando dentro e la fotografia (la mia prima passione) non mi bastava più. Così ho pensato che, in quanto lettore dall'età di 7 anni, forse potevo dare un contributo ed al tempo stesso sfruttare le infinite potenzialità della parola, ancora oggi il media più potente e personale, a mio parere.
Ho usato la scrittura in modo catartico ed ha funzionato, perché vedo questo libro con una sorta di distacco e serenità. È una sensazione strana... un po' come farsi di acido, entrare in una visione e risvegliarsi dopo una settimana, completamente sobri e lucidi.
Vivo quest'esperienza con gli occhi di un esordiente: ogni presentazione è fonte di immense soddisfazioni, soprattutto per quello che mi regalano i lettori. Ogni volta che mi confronto con loro rimango affascinato dalla loro interpretazione attiva del romanzo. Un libro non si ferma mai con la parola "fine" del suo autore, ma vive ed evolve nella mente di ogni singolo lettore. Questo è fantastico, pura magia. 
 
Il romanzo, che forse definire semplicemente thriller è riduttivo, tocca tematiche molto importanti e anche scomode, in primis quella che riguarda la violenza, non solo psicologica, ma anche e soprattutto familiare. Come mai la scelta - coraggiosa - di affrontare temi tanto scottanti, specie al giorno d'oggi?
 
Certo, come romanzo d'esordio non è dei più convenzionali, e di questo ringrazio molto il mio editore, che ha creduto in questa storia senza costringermi ad operare interventi di taglio o modifiche (che avrebbero strizzato l'occhio ad una fetta più ampia di pubblico, ma anche snaturato il nocciolo primario del romanzo).
A bocca chiusa è una storia nera in cui gli spiragli di luce sono davvero minimi e centellinati. Sentivo il bisogno di rimodellare il mio cinismo, la mia visione disincanta di alcuni legami familiari e soprattutto il concetto d'incomunicabilità odierno. Se ci pensi bene, l'intero romanzo ruota proprio intorno a questo. I protagonisti fanno quello che fanno proprio perché, essenzialmente, non riescono a comunicare tra loro: il nonno non è in grado di trasmette ai familiari le sue angosce, la nonna si rifugia nel lavoro, la mamma del ragazzo è lei stessa una maschera di futili sorrisi, come il protagonista stesso che non riesce a far percepire a Luca i suoi sentimenti d'ammirazione e il suo bisogno d'affetto.
È come se tutti quanti fossero racchiusi in ampolle di vetro, ma incapaci di infrangerle. Personaggi statici, votati alla sconfitta. A molti lettori non è piaciuto quest'aspetto passivo del loro agire ma io, purtroppo, lo ritengo fin troppo reale e sempre più frequente. Il 90% dei casi di cronaca si basa su questo.
 
Quanto c'è di autobiografico in questo protagonista così particolare e certamente sopra le righe? Di certo, come specifichi nella dedica, i tuoi genitori non sono quelli descritti nel romanzo.
 
Certo che no, anzi, mi ritengo molto fortunato ad essere cresciuto tra un padre ed una madre che sono quanto di più attivo e responsabile un figlio possa mai desiderare. Di mio, nel protagonista c'è sicuramente la sua timidezza, che sta alla base di tutte le sue azioni e, spero, una parte della sua creatività. Anch'io come lui tendo spesso a rifugiarmi in mondi immaginari creati dalla mia fantasia e, come lui, tendo ad isolarmi e passare lunghi periodi in completa solitudine. 
 
"A volte è molto meglio limitarsi a comprendere la parte più semplice delle cose, continuare a tenere gli occhi fissi sulla strada e le mani sul volante, per evitare di sbandare e complicare tutto quanto: c'è il rischio di farsi veramente male".
Ma alla fine male, in questo romanzo, ci si fa davvero male, e tu, suppongo, non sei esente dal dolore che provano i tuoi personaggi. In che modo si riesce ad affrontare la loro sofferenza? E, riemergendone, si è gli stessi di prima?
 
Se scrivi con il cuore, vivi e provi sempre una parte di quello che sentono i tuoi protagonisti. Non c'è nulla di sadicamente perverso in quello che ho voluto far passare ad ognuno di loro, semplicemente ho cercato di creare una situazione iniziale di disagio provando, poi, ad immaginare come questa potesse evolversi e terminare se gli eventi avessero seguito la linea peggiore possibile. Non credo nel destino, essenzialmente non credo in nulla, se non nella capacità intrinseca in ognuno di noi di modellare da sé il proprio percorso. Loro l'hanno fatto in questo modo: fondamentalmente anche il rifiuto di prendere una decisione, o di compiere un'azione, è un'azione stessa.
 
Citando un altro passo del libro, si dice: "Questa è la vita, ragazzo: una lunga, interminabile, sequenza di pruriti lungo tutto il corpo. Passi una vita intera cercando di grattarli. Scrostare grumi di domande una sopra all'altra, come croste di una verità che non si rimargina mai". È davvero questa, la vita? Per te, lo è davvero?
 
Assolutamente no, questa è un'ipotesi di vita, la vita di chi si arrende, ma non lo dico con un'accezione negativa o critica. Ognuno di noi può scegliere come affrontare il proprio percorso, saremo noi stessi alla fine a giudicarci.
In genere non tendo ad assumere mai un parere di parte, io mi limito a restare dietro le quinte ed osservare in silenzio. Non voglio assumere un punto di vista superiore, perché io non sono nessuno per giudicare questi personaggi o qualsiasi altra vita. Se li ho descritti così, probabilmente, è perché in quel periodo non avrei potuto farlo in modi diversi. Anche oggi, in un momento di relativa serenità, mi accorgo di non essere in grado di scrivere storie comiche. Probabilmente non diventerò mai uno scrittore di satira, ma questo non vuol dire che io odi le persone o le immagini tutte come i protagonisti di questo romanzo. Sono circondato da gente meravigliosa e per questo mi ritengo privilegiato. Se scrivo "nero" è solo perché è una caratteristica del mio carattere, che accetto ed assecondo come tutti gli altri bisogni.
 
La figura della mamma parrucchiera, seppur assente, viene delineata in modo preciso e accurato: i sorrisi mentre parla in macchina con il figlio, l'attenzione che ripone ogni volta che immortala un attimo di vita con la sua macchina fotografica, il tatto e la sensibilità con i quali cerca di proteggere suo figlio dal mondo, mettendolo, però, proprio in mano al mondo e lasciandolo crescere così in fretta. Quanto è importante questo personaggio, fragile e di grande umanità, sebbene presente per poco, all'interno della storia e durante il processo di maturazione del bambino?
 
La madre è una figura positiva, ma anche debole. Soffre continuamente della sua situazione d'impotenza verso un mondo che la costringe a seguire delle regole (il lavoro, i debiti da saldare...) che la allontanano da suo figlio. Proprio per questo cerca di immortalarne ogni momento trascorso insieme. Anche in lei è presente una creatività sopita, un desiderio di rivalsa. Probabilmente, se non fosse sopraggiunta la malattia, sarebbe stata l'unica in grado di prendere una decisione.
 
Quando vengono descritte scene di grande violenza come quelle in cui il nonno "deruba" il nipote della lingua, o quando, alla fine (non riveliamo il finale, assolutamente, che a mio avviso è sorprendente e geniale) uno dei personaggi viene privato della vista con un gesto cruento, come quello dell'accecamento attraverso le dita della mano, che affondano nel liquido viscido dell'occhio, ebbene, quando ti approcci a queste descrizioni, si evince quasi una volontà di sottrarre al personaggio scelto, non tanto la vita, quanto la parte essenziale della stessa: la parola e la vista. Gesti così terrificanti, e allo stesso tempo inusuali ed essenziali, hanno un significato particolare?
 
La violenza in questo libro è qualcosa di molto “tattile”, viscerale, ha qualcosa di tribale. Prende consistenza e diventa un personaggio lei stessa. È una violenza vorace, che si nutre del contatto umano altrui, che, senza di essa, sarebbe completamente assente. È l'unico modo che hanno i personaggi per colmare le immense distanze che li separano, per infrangere le teche che li contengono, per farli sentire di nuovo vivi.
 
"Geniale, intelligente, arguto. Un debutto inaspettato" possiamo leggere sul retro copertina del romanzo. E difatti lo è. Di recente - sabato 15 novembre - presso la libreria Feltrinelli di Ferrara, hai presentato il tuo libro, insieme a Paolo Panzacchi, che ha parlato del suo Dreamin' vicious. Un successo meritato, dunque, e riconosciuto. Pensi quindi di regalarci a breve un nuovo romanzo, magari mantenendo la stessa linea drammatica? Progetti futuri?
 
Sto aspettando proprio in questi giorni una risposta dall'editore per il nuovo romanzo.
Posso comunque anticiparti che sarà qualcosa di profondamente diverso da A bocca chiusa. Tratterà temi a cui sono molto legato (la musica, l'arte e la fotografia) visti dagli occhi di personaggi ricchi d'insicurezze. Sarà una sorta di romanzo di formazione, una vicenda a cui sono molto legato e che in parte mi ha coinvolto.
L'occhio cinico e pessimista di A bocca chiusa resterà quello, ma sentivo il bisogno per un po' di tornare a raccontare di personaggi in cui potessi riconoscermi ed in parte affezionarmi. Come dico sempre, il vantaggio di non essere uno scrittore famoso è proprio quello di poter scrivere quello che senti dentro, senza vincoli temporali o senza sottostare alle regole del mercato. Certo, così non ci si va troppo avanti, magari non ci si campa neanche, ma quello è tutto un altro discorso.
 
Ultima domanda, che alimenta la curiosità dei lettori ed entra un po' nella sfera personale. Qual è stato per te - se ne hai avuto uno - il libro "di formazione"? C'è stato un testo che ha irrimediabilmente segnato la tua esperienza di lettore, e quindi anche di scrittore, e che ha parlato alla tua sensibilità di essere umano? Cosa consiglieresti al pubblico di lettori?
 
Uno su tutti, La strada di Cormac Mc Carty. Non è un classico, ma sicuramente lo diventerà presto. L'unico libro che ho riletto quattro volte con lo stesso entusiasmo della prima. Una storia ed uno stile minimali ma al tempo stesso “totale”, almeno per me.
 
 

lunedì 24 novembre 2014

Per chi si fosse perso l'ultima puntata

Per chi volesse qualche consiglio letterario, per chi fosse indeciso su quale libro leggere o su quale novità letteraria buttare l'occhio (e anche il portafogli), ecco qui un riepilogo delle mie recensioni apparse nell'ultimo mese circa su Ghigliottina.it, The Fielder.net e Sololibri.net.

... Buona lettura!

"Per quanti uomini la lettura d'un libro è stata l'inizio d'una nuova era della loro vita!"
(H. D. Thoreau)






GHIGLIOTTINA.IT :

- "A bocca chiusa" di Stefano Bonazzi (Newton Compton) , http://www.ghigliottina.it/2014/11/20/bocca-chiusa-stefano-bonazzi/

- "Strategie per arredare il vuoto" di Paolo Marino (Mondadori), http://www.ghigliottina.it/2014/11/17/strategie-per-arredare-vuoto-paolo-marino/

- "Splendido visto da qui" di Walter Fontana (Giunti), http://www.ghigliottina.it/2014/10/27/splendido-visto-walter-fontana/

- "Il giovane favoloso" film di Mario Martone, http://www.ghigliottina.it/2014/10/27/giovane-favoloso-mario-martone/

- "La storia vista dai fotoreporter" mostra fotografica di Cartacanta 2014 a Civitanova Marche Alta, http://www.ghigliottina.it/2014/10/24/storia-vista-dai-fotoreporter/

- "Quattro etti d'amore, grazie" di Chiara Gamberale (Mondadori), http://www.ghigliottina.it/2014/10/20/etti-damore-grazie-chiara-gamberale/

- "La voce degli uomini freddi" di Mauro Corona (Mondadori), http://www.ghigliottina.it/2014/10/06/voce-degli-uomini-freddi-mauro-corona/

- "Mandami tanta vita" di Paolo Di Paolo (Feltrinelli), http://www.ghigliottina.it/2014/09/30/mandami-tanta-vita-paolo-paolo/

- "Marguerite" di Sandra Petrignani (Neri Pozza), http://www.ghigliottina.it/2014/09/22/marguerite-di-sandra-petrignani/






SOLOLIBRI.NET :

- "Avrò cura di te" di Chiara Gamberale e Massimo Gramellini (Longanesi), http://www.sololibri.net/Avro-cura-di-te-Chiara-Gamberale.html

- "Una lacrima color turchese" di Mauro Corona (Mondadori), http://www.sololibri.net/Una-lacrima-color-turchese-Mauro.html

- "La paura del cielo" di Fleur Jaeggy (Adelphi), http://www.sololibri.net/La-paura-del-cielo-Fleur-Jaeggy.html

- "Un matrimonio in provincia" della Marchesa Colombi (Einaudi), http://www.sololibri.net/Un-matrimonio-in-provincia.html

- "L'eredità di Estzer" di Sandor Marai (Adelphi), http://www.sololibri.net/L-eredita-di-Eszter-Sandor-Marai.html

- "La mucca volante" di Paolo Di Paolo (Bompiani), http://www.sololibri.net/La-mucca-volante-Paolo-Di-Paolo.html

- "La morte difficile" di René Crevel (Einaudi), http://www.sololibri.net/La-morte-difficile-Rene-Crevel.html

- "Raccontami la notte in cui sono nato" di Paolo Di Paolo (Feltrinelli), http://www.sololibri.net/Raccontami-la-notte-in-cui-sono.html

- "Oblomov" di Ivan A. Goncarov (BUR), http://www.sololibri.net/Oblomov-Ivan-A-Goncarov.html

- "La vita tranquilla" di Marguerite Duras (Feltrinelli), http://www.sololibri.net/La-vita-tranquilla-Marguerite.html

- "L'accompagnatrice" di Nina Berberova (Feltrinelli), http://www.sololibri.net/L-accompagnatrice-Nina-Berberova.html

- "Il dolore di amare" di Giorgio De Rienzo (Marsilio), http://www.sololibri.net/Il-dolore-di-amare-Un-intera-vita.html

- "Il viaggio nel passato" di Stefan Zweig (Ibis edizioni), http://www.sololibri.net/Il-viaggio-nel-passato-Stefan.html

- Articolo sulla presentazione romana del libro "Arrivano i pagliacci" di Chiara Gamberale, http://www.sololibri.net/Chiara-Gamberale-presenta-a-Roma.html

- Articolo su "I volti del giovane favoloso" e le biografie scritte su Giacomo Leopardi (Citati, Chiarini, Damiani), http://www.sololibri.net/I-volti-de-Il-giovane-favoloso.html

- Articolo sulla mostra fotografica del Cartacanta Festival 2014 "Ondate rivoluzionarie", http://www.sololibri.net/Ondate-rivoluzionarie-i-manifesti.html

- Articolo su Mauro Corona ed il suo successo letterario, http://www.sololibri.net/Mauro-Corona-da-Aspro-e-dolce-a.html

- Articolo sul settimanale Pagina99 e la sua campagna abbonamenti cartacea, http://www.sololibri.net/Il-settimanale-Pagina99-rilancia.html

- Articolo su Chiara Gamberale e il terapeutico "fenomeno dei dieci minuti", http://www.sololibri.net/Chiara-Gamberale-e-il-terapeutico.html

- Articolo sulle "relazioni pericolose" tra Oriana Fallaci e Indro Montanelli, http://www.sololibri.net/Oriana-Fallaci-Indro-Montanelli.html

- Articolo sulla Zweig-mania e il ritorno dell'individuo, http://www.sololibri.net/La-Zweig-mania-e-il-ritorno-dell.html

- Articolo sul nuovo libro di Eleonora Marangoni e la nuova prospettiva di vedere un Proust a colori, http://www.sololibri.net/Proust-a-colori-una-prospettiva.html






THE FIELDER.NET :

- "L'innocente" di Gabriele D'Annunzio (Newton Compton), http://thefielder.net/12/11/2014/linnocente-di-gabriele-dannunzio/

- "L'altro" di R. Kapuscinski (Feltrinelli), http://thefielder.net/04/11/2014/laltro-di-ryszard-kapuscinski/

- "Storia di una caduta" di Stefan Zweig (Adelphi), http://thefielder.net/22/10/2014/stefan-zweig-storia-di-una-caduta/

"Pulizia di classe. Il massacro di Katyn" di V. Zaslavsky (ilMulino), http://thefielder.net/16/10/2014/pulizia-di-classe-il-massacro-di-katyn-narrato-da-zaslavsky/

- "Il mio cuore è più stanco della mia voce" di Oriana Fallaci (Rizzoli), http://thefielder.net/02/10/2014/il-mio-cuore-e-piu-stanco-della-mia-voce-oriana-in-cattedra/

- "Arrivano i pagliacci" di Chiara Gamberale (Mondadori), http://thefielder.net/22/09/2014/arrivano-i-pagliacci-chiara-gamberale-si-rivela-al-mondo/

- "Tutte le speranze. Montanelli raccontato da chi non c'era" di Paolo Di Paolo (Rizzoli), http://thefielder.net/08/09/2014/tutte-le-speranze-montanelli-secondo-paolo-di-paolo/

- "Oriana una donna" di Cristina De Stefano (Rizzoli), http://thefielder.net/01/09/2014/cristina-de-stefano-racconta-oriana-una-donna/

















































sabato 22 novembre 2014

Chiara Gamberale e Massimo Gramellini - "Avrò cura di te"

"Oscilli tra la nostalgia per ciò che hai smarrito e l'angoscia per quanto dovrai affrontare. L'unica emozione che fatichi a riconoscere è il coraggio: forse perché è legata al presente. Ma la mia missione, Giò, consiste proprio nell'aiutarti a vivere qui e ora".




Se volete regalarvi qualche momento di relax, ma senza abbandonare quel sano stato di incoscienza che vi permette di andare a fondo di voi stessi, leggete "Avrò cura di te" (Longanesi, 2014), il nuovo entusiasmante romanzo (forse a che un po' saggio) di Chiara Gamberale e Massimo Gramellini.

Potete farvi un'idea del libro leggendo la mi recensione su Sololibri.net:









venerdì 14 novembre 2014

Lettera con finale aperto - di Giulia Ciarapica

Non era pronta al tocco ruvido di quelle mani grandi, non aveva previsto quell'avvolgente sensazione di amore pervaderle il corpo, il petto, fino a stringerle le tempie, fino a farle sentire il cervello fluttuante e la testa leggera.
Era come vedersi dal di fuori: lui continuava a premere i palmi contro il dorso delle mani di lei, abbandonate ad una morsa di feroce tenerezza. 
Era una donna ormai, lo stava diventando, plasmata tra le dita di quell'amore maturo, appena nato. Era lei, sì, era lei, che stava cedendo all'atmosfera tutt'intorno. Era lei, sì, era lei, che apparecchiava nella mente visioni di velluto rosso, scaltre come un battito d'ali, mentre seguiva la danza cuore, che, come un sismografo, disegnava i volti del desiderio sul suo stomaco.  
La parola era superflua, eppure necessaria.
Non c'è un ricordo nitido che riesca ad accompagnarla fuori da sé, che le indichi la porta da cui poter uscire e dimenticare tutto. No, non c'è. Forse perché non c'è nulla da dimenticare, è tutto un magma viscoso, che resta attaccato alle dita, anche quando diventa secco. Forse perché è tutto impresso nella mente. Delle parole non rimane che il suono, degli sguardi i colori, dei profumi non si ha memoria se non della loro consistenza. 
Eppure quelle mani, ancora loro. Sempre. Quelle dita spietate che ancora le attraversano la carne, lacerandola sotto i colpi di un Perché senza risposta. La fragilità racchiusa in una stretta che chiedeva aiuto.
Quelle mani urlavano. Ed io, sorda, odo ancora e solo il suono di passi lontani. 












lunedì 27 ottobre 2014

"Il giovane favoloso" di Mario Martone - tra testi biografici e film



Dal 16 ottobre in molte sale italiane si è dato il via alla proiezione del film "Il giovane favoloso" di Mario Martone, film biografia di Giacomo Leopardi. Il poeta di Recanati, nato nel 1798 è morto a soli trentanove anni a Napoli nel 1837, è considerato uno dei poeti più grandi d'Italia e forse anche del mondo. Mario Martone ha optato per una scelta coraggiosissima: quella di portare su grande schermo un personaggio tanto amato e tanto odiato da parecchi studenti.



Martone certamente si è avvalso dell'aiuto di testi che gli hanno permesso di documentarsi sulla vita del Leopardi, considerando la grande dovizia di particolari inusuali che sono presenti nel film (il Giacomo che ci viene presentato - interpretato da un grandissimo Elio Germano - è, infatti, un Leopardi inedito e spiccatamente ribelle).  Per questo ho deciso di fare una sorta di riepilogo delle biografie che Chiarini, Damiani e Citati hanno scritto su di lui e sulla sua poetica. 
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Per leggere la mia recensione sul film di Martone "Il giovane favoloso" potete invece andare su:





Buona lettura e ... Buona visione! 

Alcune immagini del film:














mercoledì 22 ottobre 2014

Stefan Zweig , "Storia di una caduta"

Un piccolo capolavoro composto di due solo racconti racchiusi nel testo "Storia di una caduta" (Adelphi): questo è ciò che ha scritto Stefan Zweig raccontandoci la drammatica fine di due personaggi, Madame De Prie e Ponto.
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Fleur Jaeggy e "La paura del cielo"

L'autrice di "I beati anni del castigo" e di "Proleterka" ci affascina con una raccolta di racconti (sette in tutto) dal sapore inquietante e doloroso, dal titolo "La paura del cielo" (Adelphi). 
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lunedì 20 ottobre 2014

Dell'alternativa dei supermercati : Chiara Gamberale e i suoi "Quattro etti d'amore, grazie" su Ghigliottina.it

Avete mai pensato di volere la spesa di qualcun altro? O addirittura di volere essere qualcun altro, intuendolo dalla spesa che fa? A Chiara Gamberale si, e lo descrive magistralmente in "Quattro etti d'amore, grazie", il romanzo edito da Mondadori ed uscito lo scorso 2013.
Potete leggere la mia recensione cliccando su:



"Ondate rivoluzionarie - mostra manifesti di moventi rivoluzionari e propaganda da tutto il mondo" al Cartacanta 2014

Oggi su Sololibri.net è uscito il mio articolo sulla mostra "Ondate rivoluzionarie" che avete la possibilità di ammirare fino al 2 novembre 2014 presso lo Spazio multimediale San Francesco di Civitanova Marche Alta, al Cartacanta - Graphicfest 2014. 



Un evento tutto marchigiano che si svolge nel borgo medievale di Civitanova Alta e che ospita varie iniziative: incontri, congressi, conferenze, proiezioni cinematografiche e mostre fotografiche e di manifesti rivoluzionari, come in questo caso.
Per leggere l'articolo potete andare su:


Qui di seguito alcune delle foto della mostra:




























giovedì 16 ottobre 2014

Victor Zaslasvky - "Pulizia di classe. Il massacro di Katyn"

"La fucilazione di più di 25 mila prigionieri di guerra e altri detenuti polacchi da parte di reparti speciali del Nkdv nell'aprile-maggio del 1940, nota come "Massacro di Katyn", è soltanto uno, neanche tra i più sanguinari, dei crimini del regime staliniano".
Così esordisce Victor Zaslavsky nel suo saggio/ denuncia "Pulizia di classe. Il massacro di Katyn", fatto storico accaduto nel 1940 e di cui poco e niente si seppe fino al croll del muro di Berlino.
Per leggere la mia recensione, ricca anche di rimandi cinematografici per quanto concerne il film di A. Wajda sull'argomento (Katyn, 2007), potete andare su:



Tano D'Amico e la mostra fotografica di Cartacanta "I miserabili 2 - I nuovi volti della rivolta"

Presso l'Ex Pretura di Civitanova Alta, nell'edificio che si erge tra le strade di una antica cittadina marchigiana, dal 3 ottobre al 2 novembre è possibile visitare, tra le altre, la mostra fotografica dedicata a "I miserabili 2 - I nuovi volti della rivolta", di Tano D'Amico.



Classe 1942, Tano D'Amico è un giornalista e fotoreporter italiano, siciliano di nascita e romano di adozione; il suo percorso di crescita, sviluppo e ricerca fotografica, oltre che di informazione giornalistica, si snoda dagli anni '70 fino ad oggi. 
Come è chiaro dagli scatti presenti alla mostra, l'interesse del fotoreporter è principalmente quello di ritrarre l'altra faccia, l'altra storia, l'altro risvolto della medaglia: manifestazioni studentesche, lotte per ottenere una casa, scioperi e disoccupazioni a cui parteciparono donne (al quale D'Amico ha dedicato una sezione intera della sua ricerca fotografica, parlando e documentando emancipazione femminile), operai, disoccupati, studenti e sottoproletari con tutti i nemici del caso, vale a dire carabinieri, infiltrati, agenti del PS, esattori e funzionari. 



Tano D'Amico è stato anche il fotografo del 1977, quello che ha documentato, nella mostra "È il '77", i momenti di un anno che "mostra come si potrebbe vivere tutti quanti insieme in un modo completamente diverso, perché per alcuni istanti, per alcuni giorni, i giovani in quell'anno" - spiega D'Amico - "hanno vissuto tutti quanti insieme, tutti quanti in pace e tutti quanti condividendo il cibo, l'acqua e anche il vino". L'obiettivo del fotografo è quello di testimoniare i disordini che ci furono in quei giorni di concitazione, ma anche la volontà di far passare un messaggio di pace, il messaggio che i giovani volevano trasmettere agli "uomini armati che si presentavano sempre a ricordare" - continua il fotoreporter - "che non avevano altra strada se non quella dello scontro, muro a muro".
Le immagini della mostra di Cartacanta, che occupano lo spazio di una ex Pretura nella cui sala principale, al centro, campeggia l'immancabile "La legge è uguale per tutti", sono più attuali che mai, mentre ritraggono extracomunitari, cittadini in difficoltà, indignati e dissidenti. Eppure, nonostante lo spirito altamente provocatorio e polemico che emerge dagli scatti, si avverte una dolcezza di fondo che permea e si insinua negli occhi e nei volti di quella gente disperata e combattiva.
Un maestro della fotografia che ha scelto di dare voce agli esclusi, agli emarginati, quasi a rivestire il ruolo del Manzoni dei Promessi sposi, colui che ha dato nuova vita agli umili.

Altri scatti della mostra:









martedì 14 ottobre 2014

Fleur Jaeggy e "I beati anni del castigo"


La vita nei collegi femminili si manifesta in due soli modi negli animi di chi vi abita: o attraverso la negazione di tutto ciò che concerne la propria interiorità - affettiva e non - o attraverso la costante coltivazione di un desiderio di ribellione e di catarsi, che viene alimentato dalla cupezza delle stanze da letto, condivise con persone verso le quali, spesso, si nutrono disprezzo o disistima.
All'interno di questi luoghi, sapientemente descritti da una vasta gamma di autrici, si consumano quelli che per Fleur Jaeggy sono "I beati anni del castigo", come recita il titolo del libro (Adelphi, 1993). 
"Quando si è là dentro ci si immagina cose grandiose del mondo e, quando si esce, si vorrebbe qualche volta risentire il suono della campanella". Il turbinio di emozioni e fraintendimenti che galoppano nell'esile corpo della protagonista, che muta e fiorisce come una pianta di camelie durante il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, è sostenuto dall'arrivo di una nuova compagna, Frédérique, nella cui persona abitano il mistero e l'inquietudine di un'identità irrisolta. Il percorso di crescita e sviluppo della donna che narra la vicenda in prima persona, ricordando gli anni del collegio per l'appunto, è fortemente condizionato dai silenzi eloquenti di Frédérique, che, con la sua "bella fronte alta, dove i pensieri si potevano toccare, dove generazioni passate le avevano tramandato talento, intelligenza, fascino", col suo portamento elegante e tuttavia ancora nascostamente acerbo, si nega al fascino seducente dell'amicizia, rifiutando qualsiasi tipo di contatto umano se non con la protagonista. 
La quattordicenne dai voti mediocri è succube di questa nuova e bella collegiale, eccellente in tutto, persino nel suonare il pianoforte. Senza colpo ferire, Frédérique mantiene in ogni occasione toni pacati e modi garbati, pur facendo costantemente pesare la sua severa superiorità sull'amica devota. La protagonista, indispettita e al contempo ammaliata da questa guru del malessere interiore, le cammina a fianco avvertendo l'inutilità di manifestarle il suo affetto: Frédérique lo sa già, l'ha sempre saputo. E nulla cambierà quando, prima della partenza definitiva della ragazza a causa della morte del padre, la protagonista dal nome ignoto dichiarerà definitivamente il suo amore per lei.
Mai più una lettera, mai più un incontro. Solo la presenza di Micheline, la "nuova", distrarrà la collegiale rimasta dall'assenza gravosa dell'amata. "Micheline mi chiama, la belga ridanciana e allegra. Non si accorge che l'allegria può diventare tetra. L'allegria è difficile da sopportare". L'allegria che mai aveva azzardato mostrarsi nelle lunghe passeggiate che aveva avuto con Frédérique, con la quale la protagonista, ormai nella fase finale della sua lunga educazione collegiale, avrà l'opportunità di dialogare un'ultima volta godendo pienamente della follia che ha ormai preso possesso della mente di Frédérique. "Mia figlia (...) ha tentato di bruciarmi", dirà Madame, madre della giovane, alla protagonista, alla fine del libro. "Dopo vent'anni [Frédérique] mi scrisse una lettera. Sua madre le aveva lasciato qualcosa per vivere. Ma ne aveva abbastanza di essere ospite del manicomio, se continuava così avrebbe preso la via del cimitero".
Scritto con atroce eleganza e raffinata, seppur inquietante, maestrìa, il breve romanzo di Fleur Jaeggy racconta, attraverso il lineare ricordo della protagonista dal nome ignoto, la vita collegiale e la maturazione di una ragazza nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Passando attraverso la descrizione di luoghi come quelli dell'Appenzell, la Jaeggy ci regala cento pagine di grande tensione emotiva, impregnate di rancore, risentimento, nostalgia e dolore.
"Ma perseveravo nel piacere dell'andare fino in fondo alla tristezza, come a un dispetto. Il piacere del disappunto. Non mi era nuovo. Lo apprezzavo da quando avevo otto anni, interna nel primo collegio, religioso. E forse furono gli anni più belli, pensavo. Gli anni del castigo. Vi è come un'esaltazione, leggera ma costante, negli anni del castigo, nei beati anni del castigo".