venerdì 1 agosto 2014

Gli imperativi del buon senso e del peccato: Grazia Deledda mette in scena la Madre


Grazia Deledda
La madre
Edizioni clandestine, 2010
118 pp.




"Paulo, io non ho altro da dirti, e non voglio dirti più nulla. Ma parlerò di te con Dio". 

Cosa succede se un parroco devoto e casto si innamora di una donna "giovine e sola"? Cosa succede se la madre del prete lo viene a sapere? E cosa succede se la fanciulla abbandonata al suo destino di solitudine, ormai per sempre, minaccia di rivelare tutto durante la messa domenicale?

Succede quel che è successo all'interno del libro di Grazia Deledda, 116 pagine di fine mattanza psicologica. 

Trascendendo una dimensione puramente morale, oltrepassando i limiti imposti dal perbenismo, in questo breve capolavoro si staglia, imperante ed autoritaria, la figura della Madre. La vicenda del prete ventottenne in preda ad una crisi interiore, combattuto tra il giuramento di eterna fedeltà a Dio ed il desiderio di amare liberamente la donna che l'ha sedotto, riscoprire una debolezza adolescenziale mai portata a termine, una voglia contingente di cullarsi nel trasporto fisico nei confronti di una femmina in carne ed ossa, in realtà diviene un pretesto, quanto mai pericoloso, per dare spazio all'unica vera protagonista. 

La madre di Paulo, barcamenandosi tra il ruolo di confessore e boia, si batte fino alla fine in nome della salvezza del figlio, di quell'anima persa e sbrindellata che sembra logorarsi giorno dopo giorno, come un vecchio vestito. Paulo, rapito dall'estasi del momento lussurioso, non è più in grado di salvaguardarsi, nè tantomeno di mettere al riparo la sua reputazione, cristallina ed invidiabile, di uomo eccelso, prete salvifico, sopra ogni modo rispettoso di sè e dei propri fedeli. Maria Maddalena, presa dallo sgomento per la terribile storia del figlio, lo implora di tornare sui suoi passi, lasciando Agnese a crogiolarsi nella sua essenza di donna. Gli ricorda con severità: "Paulo, io sono una donna ignorante, ma sono tua madre: e ti dico che il peccato è una malattia peggiore di ogni altra perché intacca l'anima". È lapidaria in tutta la sua superbia, disperata in tutto il suo lacerante grido di dolore. Lei, vedova fin dalla nascita di Paulo, ha avuto nel corso della vita più e più volte occasione di "peccare, o almeno procurarsi qualche svago", resistendo paziente ai colpi del destino. Tutto questo in onore del suo ruolo di madre, e madre di un Uomo di Fede. 

Non ci sono più in ballo le apparenze, non ci sono più in ballo i pettegolezzi e i mesti sorrisetti dei viandanti che si affacciano all'uscio della chiesa: dentro queste righe c'è tutto il disagio di una donna che ha vissuto a metà, riversando sul figlio i timori taciuti, le passioni incontrollabili e quel senso di frustrazione che ha spalancato le sue porte dinanzi a Paulo e dinanzi a Dio. La Pace giungerà solo a conclusione del libro quando, ormai al culmine della sofferenza e della preoccupazione, Maria Maddelena, atterrita dalle intenzioni bellicose della giovane di rendere pubblica la relazione col figlio, morirà al cospetto di Paulo, in veste di celebrante, e di Agnese, angelo vendicatore pronto a confessare al mondo il peccato e l'orgoglio.

Testo inquietante per natura, emozionante per vocazione, alterna passi di entusiasmante vena descrittiva a passi di estrema freddezza narrativa. Una freddezza non del cuore, nè dell'anima, ma che scaturisce dal gelo della razionalità, chiamato a soccorrere e a placare gli scalpitanti desideri, divenuti fin troppo ingombranti. Un piccolo regalo della Deledda atto ad arricchire il panorama della letteratura italiana contemporanea.


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