martedì 29 luglio 2014

Indro Montanelli e il ricordo di Massimo Fini

Da un'intervista a Massimo Fini, apparsa su www.cristianolovatelliravarivonews.com, il ricordo di Indro Montanelli, a riprova della grandezza di un giornalista. il Giornalista.

Domanda: Come il tuo maestro Montanelli faceva e il tuo ideale giornalistico Curzio Malaparte suggeriva, tu scrivi anche libri, libri di storia - ho letto d’un fiato "Nerone" - ma a differenza di Montanelli, che spalmava di esilaranti battute un materiale orecchiato da altri, tu arrivi a fare le pulci e a riflettere sull'intero asse storiografico dell’argomento di cui ti stai occupando.

Risposta: “ Beh, "Nerone" mi è costato quasi tre anni di lavoro.”

D: Non è un pamphlet.

R: "Non è un pahmplet. Certo io non sono uno storico di quelli che addirittura riescono a creare le proprie stesse fonti con scoperte d’archivio, ma le fonti le ho sondate tutte e per quello che ho potuto ho fatto anche ricerche personali... Montanelli tirava via dato anche il numero elevatissimo di tomi (...) compensando con il suo geniaccio toscano..”

D: Non si è mai capito come mai si fosse messo accanto allora uno sconosciuto come Roberto Gervaso. Molti ipotizzarono l’unica spiegazione possibile fosse che era suo figlio, un figlio naturale.

R: “È vero, lo si disse…certo gli assomiglia poco. Nell’aspetto. E soprattutto nell’intelligenza “

D: Della trimurti Montanelli-Bocca-Biagi è rimasto solo Bocca.

R: “Biagi era uno con cui potevi parlare solo di mestiere, non conosceva altro. Giorgio è uno che se gli si apre la botola dell’esistenziale cerca di evitarla, ma poi ci cade inevitabilmente e gustosamente dentro. Montanelli…Montanelli era come digitare l’Universo. Io non ho mai trovato un solo argomento in decenni di frequentazione su cui non sapesse o non mi sorprendesse.”

D: Sarà cronaca rosa, ma è stato anche uno dei più grandi amanti del secolo. Centinaia di amanti su cui ha sempre steso un immenso velo signorile. No, dico: parliamo di uno che quando la regina Maria Josè si ruppe le palle del Re - se mi passi la metonimia -, fuggì con lui. E non lo ha mai rivelato a nessuno, anche se una ristrettissima cerchia lo sapeva.

R:
“Era anche un uomo di suprema eleganza. Non solo affettivamente con le donne ma anche deontologicamente con i collaboratori. Quando scrissi per la Mondadori un libro “Il Conformista “ -che in realtà era una raccolta di miei pezzi polemici scritti tra gli anni ottanta e novanta - alla Mondadori mi dissero "Qui ci vuole una introduzione di peso, di Montanelli". Io della leggenda di Fucecchio avevo un timore reverenziale, gli davo del tu come si fa fra colleghi , ma era un tu intimidito ed onorato.. Vado da lui con la tremarella e balbetto: "Direttore è ancora peggio di quanto pensi, non ti chiedo una recensione al mio libro ma addirittura l’introduzione..” . Non mi fece quasi finire : “Certo. Te la devo. Sono in debito". Ma come in debito, semmai in debito ero io che mi permetteva di collaborare con lui! Due giorni dopo la splendida introduzione di Indro era già sul mio tavolo. Diceva di essere in debito lui a me, che potevo solo ringraziarlo. Questo in un mestiere che se chiedi a qualcuno, a cui hai magari salvato la pelle, un caffè te lo fa pesare.”

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