giovedì 31 luglio 2014

Parmigiana e altri dolorosi condimenti - di Giulia Ciarapica

"Raggomitolata con le spalle al muro, i lunghi capelli biondi ad accarezzarle la schiena, qualche goccia di sudore le scendeva lungo il seno, piccolo e bianco. Aveva abbassato le difese ed ora era lì, rapita dall'immagine che le proponeva la calda piazza di luglio, alle 15 del pomeriggio, palpitante dietro il vetro della sua finestra. 
"Nun ce vojo annà! Nun ce vojo annà!"
"Daje Eugè! Viè qua bello de nonna, daje! Nun me fa 'mbestialì!"
"No! No! Nun ce vado là! Nun me piasce! Puzza de bbroccoli!"
Quanta invidia verso quella spensieratezza. Lei, che non riusciva a non pensare al suo disagio, che non riusciva a staccare l’attenzione dall'ingordigia di quel malessere che la divorava."

Racconto breve, dalle fattezze umane e inquietanti, doloroso al punto giusto, senza pretesa. Uno scritto che potete leggere interamente su: www.sistafacendosemprepiutardi.wordpress.com

Giulia Ciarapica



L'immenso edificio del ricordo. La "Recherche" di Proust oggi e domani - Gli incontri del Futura Festival

Futura Festival
Civitanova Marche Alta
30 luglio 2014




Si è tenuto ieri al Futura Festival di Civitanova Alta, accolto con un grande successo di pubblico, l'incontro su Proust e la "Recherche", nel quale sono intervenuti Diego Fusaro, Valerio Magrelli ed Eleonora Marangoni, autrice del libro "Proust. I colori del Tempo". Paolo Di Paolo, conduttore della serata, ha esordito leggendo il famoso incipit del capolavoro francese: "A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: "Mi addormento". 
Tanti e differenti i punti di vista e gli approcci che gli ospiti hanno avuto nei confronti di questa mastodontica e spettacolare opera, a partire da Valerio Magrelli, il quale ha indicato la "Recherche" come un libro di "avventure, pettegolezzi, trame", un'opera impegnativa per mole, ma naturalmente accattivante. Meno difficoltosa dell' "Ulisse" di Joyce, sicuramente più coinvolgente di un "Oblomov", "Alla ricerca del tempo perduto" è, in definitiva, la storia di un apprendistato, una specie di Wilhelm Mesiter goethiano, in cui, citando Magrelli, "Marcel, che si chiama come lo scrittore ma non è lui, impara a comportarsi, impara soprattutto i segni sociali". 
La "Recherche", però, è anche un libro in cui si parla del meccanismo attraverso cui riusciamo a ritrovare l'essenza del tempo e del nostro stare al mondo, un libro che, come dice Fusaro, risulta essere non solo imprescindibile per comprendere un dato momento storico, e dunque anche il clima culturale e filosofico di quell'epoca, ma appare anche come una sorta di reazione al quantitativo tecnico e scientifico che era dominante allora, e ancora più oggi. Ecco perché, per dirla con Diego Fusaro, Proust è utile ai giovani d'oggi: aiuta a pensare e ad elaborare una reazione adeguata al dominio sempre più invadente e ingombrante della tecnica e del progresso. Ciò che, in definitiva, ritroviamo anche nella filosofia di Bergson, contenuta, paradossalmente, in tutta l'opera proustiana. Proust, come Bergson, cerca di mettere a tema un concetto di temporalità che suona come l'antitesi alla concezione della temporalità della scienza, vale a dire una temporalità in cui ogni istante nasce e muore, spegnendosi per sempre. Ecco dunque la reazione proustiana - nonché bergsoniana - di proporre una temporalità qualitativa, in cui nulla sprofonda davvero negli abissi per sempre, ma può essere richiamato alla memoria, come suggerisce il titolo stesso dell'incontro.
Ma la vera novità dell'incontro è Eleonora Marangoni e il suo libro su Proust e i colori: trentenne studiosa di letteratura francese, si approccia alla "Recherche" all'età di vent'anni e "da allora non l'ho più abbandonata". Eleonora prova a raccontare Proust in un modo inedito, un modo che risulti più semplice e diretto per il lettore, vale a dire visivamente: nelle tremila pagine dell'opera Proust non si sofferma mai a dare una descrizione fisica, e dunque verbale, dei personaggi o delle cose, ma le identifica facendo riferimento ai colori. Il ricorso cromatico, dunque, da parte dell'autore, è utile per dare un ritratto non solo dei personaggi, ma anche delle sensazioni. Il blu, infatti, è ad esempio il colore principale, quello che ritorna spesso all'interno del racconto e che identifica la voglia del narratore, ossia quella di scrivere. Mentre il giallo, invece, simboleggia un'aspirazione più sociale e mondana, richiamando i colori chiari che caratterizzano la famiglia dei Guermantes (capelli biondi, occhi chiari, tratti tipici della cosiddetta "razza ariana", per intenderci). Ed il giallo, inoltre, è il colore dell'oro, dell'opulenza, del benessere, e torna sempre in relazione alla preziosità, ad un "senso di nobiltà", come sostiene la Marangoni, la quale conclude dicendo: "In Proust è citato soprattutto - il giallo - in relazione al desiderio di divenire, di imporsi".
Incontro eccellentemente condotto e moderato da Paolo Di Paolo, si è concluso con l'invito, da parte di tutti i partecipanti, alla lettura della "Recherche", perché è vero che ogni libro ha il suo tempo, ma questa è una lettura da cui davvero non è possibile prescindere.
Stupore garantito.

Giulia Ciarapica
Civitanova Marche
31 luglio 2014



mercoledì 30 luglio 2014

Massimo Fini e Oriana Fallaci: il ricordo di un carattere dolcemente "impossibile"

Pur non condividendo interamente le posizioni espresse nell'intervista (soprattutto quelle dell'intervistatore), riporto qui di seguito il ricordo di Massimi Fini riguardo Oriana Fallaci (l'intervista è riportata integralmente su www.cristianolovatelliravarinonews.com). Massimo Fini contribuisce al ricordo della giornalista toscana, regalandoci un ritratto di Oriana che, ad ogni modo, ben coincide col suo carattere "impossibile". Rimane comunque il fatto che la Fallaci sia stata, e sempre resterà, una delle voci più esilaranti e geniali del giornalismo italiano.






Domanda: Parlando di chi è riuscito a non scomparire ma è diventato mito, mi ha colpito scoprire in certe sue foto giovanili vedere quanto la Fallaci fosse avvenente e sexy (meno affascinanti gli ambienti vorrei-ma-non-posso delle sue case). Un discorso sul giornalismo italiano non può non partire da lei.


Risposta: “Io l’ho conosciuta e frequentata non più giovanissima, sui quaranta. Era una donna già profondamente segnata dal tempo, però ancora molto affascinante. Io arrivavo all’Europeo dall’Avanti, per me era come traslocare in un mito, tutti questi colleghi che hanno coraggiosamente girato il mondo. Mi dicevo: sarà come assidersi alla tavola rotonda. Invece con mio sbigottimento mi resi conto che l’unica cosa che amavano - o di cui amavano parlare - erano i migliori alberghi, i migliori ristoranti, e le migliori…puttane.”


D: E la Fallaci?


R: “Ecco, con la Fallaci quando andavi a pranzo - allora stava con Panagulis e forse umanamente fu il suo periodo migliore - non avevi bisogno della CNN, tanto era multiforme e catturante l’universo di cose di cui ti parlava..”


D: Infatti qualcuno ha detto che come affabulatrice era quasi meglio che come scrittrice. Poi però ti chiese di scrivere la sua biografia per i lettori che la reclamavano e tu sfornasti un tale capolavoro che lei si ingelosì e ruppe i rapporti con il pretesto di una…virgola.


R: “No, non era gelosia, era una forma di perfezionismo..”


D: Maniacale.


R: “Una forma di perfezionismo. "Il tuo pezzo è bellissimo" mi disse "ma questa virgola fuori posto lo rovina, io la estrarrei come un bisturi estrae un tumore da un corpo perfetto"….Beh, insomma, su un qualcosa di delicatissimo come scrivere all’Oriana la sua vita non le andò bene una virgola.

Lo considerai un complimento immenso.”


D: E a parlarle intimamente?


R: “A parlarle confidenzialmente era un continuo fuoco d’artificio, direi meglio uno scoppio nucleare di aneddoti, ritratti fulminanti, urlacci, intuizioni scorticanti….


D: Come dicevo prima, ancor meglio come affabulatrice che come scrittrice.


R: “Penso che a dirglielo uno avrebbe rischiato la pelle. Non a caso lei parlava di Santa Carta Scritta.

Il testo è tutto, il testo è il Vangelo. Avemmo un bellissimo periodo. Prima che impazzisse.”


D: So che a venire querelata si atteggiava a lesa maestà alla Regina, a Santa Giovanna d’Arco mandata al rogo. Poi però era lei la prima a querelare mezzo pianeta. Persino te, l’ex biografo amico, per un ritratto che le facesti, anche quello bellissimo. Ma non apologetico.


R: “ Ma infatti. Evidentemente ormai non era più in grado di sopportare neanche un alito di vento.

Il mio in realtà era un ritratto dolce, in fondo affettuoso, anche se chiunque di noi non può - oltre le luci - non presentare qualche ombra. È chiaro che non potei non alludere, ad esempio, al suo carattere infernale. Mi fece quasi pena.”


D: Perché?


R: “ Perché in modo artigianale si scrisse lei stessa nella querela la memoria difensiva d’accusa..”


D: Sarà stata una requisitoria terribile.


R: “No perché ormai - povera Orianina- non c’era più, scordava le cose, si dava la zappa sui piedi. Se non fosse morta il processo l’avrei vinto a mani basse. Avrei scritto un libricino, magari un po’ perfido, intitolato "Massimo adversus Oriana", con le esilaranti testimonianze dei testimoni o il grottesco di una udienza rimandata ad anni a venire con l’ Orianina, ormai ridotta al lumicino..”




{...}


D: Ma è vero, tornando alla Fallaci, - il mito è stato talmente incensato che possiamo con affetto soffermarci anche su qualche umana debolezza - che l’Oriana ogni volta che telefonava, ad esempio a Feltri, faceva finta cadesse la linea per farsi ritelefonare e non appesantire la bolletta ?


R: “È verissimo. Sai, era toscana. Non tutti, ma c’è una genìa di toscani avari marci, attaccati allo spillo. Mi diceva Davide Lajolo che quando andava a cena con Curzio Malaparte, che io considero il più grande di tutti…”


D: Concordo. È giornalismo che pur essendo preciso e cronachistico si elèva ad altissima letteratura….


R: “…il conto, con mosse quasi da prestigiatore, a poco a poco Malaparte lo avvicinava al suo piatto dimodochè al povero Lajolo toccava pagare ogni volta. Ma il dato più sconvolgente non è l’ avarizia ,ma la solitudine della Fallaci. Mi chiedo quanto dovesse sentirsi sola per ridursi a telefonare spesso a Vittorio Feltri. “


D: C’è di peggio. Telefonava spesso a Castelli.


R: “Il giudice Caselli?”


D: Eh magari, no l’ex Ministro leghista di Giustizia Roberto Castelli…telefonava a Castelli spessissimo per avere aggiornamenti giuridici sull’islam… con tutto il rispetto, come fonte non mi sembra il massimo..ma la cosa interessante è che gli faceva giurare per iscritto di non rivelare queste sue telefonate! Il mito, alla costruzione del proprio la Fallaci si dedicò fino all’ultimo respiro, non si fa mai vivo.


R: “Finì sola ,solissima, povera Orianina. A proposito di mito penso lo fossero in parte anche le sue osannate interviste politiche - fatte per illuminare più sé che chi intervistava. Io gli ho sempre preferite le prime, quelle agli attori, alla gente di spettacolo.”


D: Ne ricordo una prodigiosa a Pietro Germi, in cui va avanti, e in modo avvincente, per cinque cartelle, solo descrivendo come il regista si rifiutava di rispondere al telefono o di aprire la porta.

In quanto alle altre…giù il cappello ovviamente, ci inginocchiamo, sono nella Storia. Però...però La sua manipolazione - non voglio dire falsificazione -, il suo espediente - non voglio trucchetto -, molti elementi fanno pensare consistesse nell’essere testuale nelle risposte, ma autocelebrativa nelle domande. Insomma, un conto è dire:”Signor Presidente qualcuno ipotizza lei sia duro con l’opposizione", un altro è sbobinare la domanda teatralizzandola in:"Come fa un lurido orrendo sporco dittatore come lei a tenersi l’anima in pace con le galere gonfie di cadaveri ??!”. Nessuno dei testimoni dell’intervista a Khomeini vide il famoso schador rabbiosamente gettato via e nessuno dei testimoni dell’intervista a Kissinger persino ricorda la famosa frase del Cowboy che solitario spiana al popolo la democrazia….a chi smentiva, soprattutto ripeto il tono delle sue domande più che l’intervista ,(in America non a caso c’era chi la chiamava “Oriana the Fallacy””Oriana l’Inganno”) lei dava del farabutto, del mascalzone, del cagasotto, del senza palle, fors’anche del microfallico. Eppure le sarebbe bastato chiosare:”Signori alla Boston University, come tutti sanno, sono conservati sotto vuoto come reliquie i nastri delle mie interviste. Andateveli a risentire, teste di cazzo.” Ma, curiosamente, non lo fece mai. A maggior ragione però giù il cappello alla grande scrittrice.


R: “ Nelle interviste però, non certo nei romanzi. Purtroppo lei fraintese sciaguratamente un consiglio di Curzio Malaparte che aveva intuito il suo talento e che la esortò :”Orianina ricordati che un vero giornalista per essere tale scrive anche dei libri“, ma lui intendeva libri di saggistica non, certo romanzi. Lo stile della Fallaci, in effetti spesso folgorante nelle interviste, nei romanzi diventa stucchevole, melenso…il giornalista non è portato a essere uno scrittore, sono due stili che si elidono.”




D: Tranne clamorose eccezioni come Dos Passos ed Hemingway


R: “Eccezioni appunto.. e poi di scrittori che in fondo hanno forzato il proprio stile per diventare giornalisti. Da noi l’esempio maggiore rimane Dino Buzzati."

"Spirto guerrier ch'entro mi rugge" - una pagina Facebook dedicata alla Cultura

È nata da poco più di un mese questa pagina Facebook dedicata interamente alla cultura e che ha già cumulato la bellezza di 323 likes. Con pochi clicks è possibile navigare tra recensioni letterarie, suggerimenti e consigli di lettura, nonché avere la possibilità di leggere estratti di brevi racconti correlati da immagini scattate amatorialmente. La pagina dà inoltre l'opportunità, a tutti coloro che volessero approcciare con questo affascinante mondo letterario, artistico e cinematografico, di avere un semplice e diretto, nonché immediato, rapporto con la cultura: immagini, video musicali, frammenti ed aforismi dei più grandi scrittori, poeti e giornalisti italiani. Tutto in una sola pagina.
Consigliatissimo. Da seguire! 


martedì 29 luglio 2014

Indro Montanelli e il ricordo di Massimo Fini

Da un'intervista a Massimo Fini, apparsa su www.cristianolovatelliravarivonews.com, il ricordo di Indro Montanelli, a riprova della grandezza di un giornalista. il Giornalista.

Domanda: Come il tuo maestro Montanelli faceva e il tuo ideale giornalistico Curzio Malaparte suggeriva, tu scrivi anche libri, libri di storia - ho letto d’un fiato "Nerone" - ma a differenza di Montanelli, che spalmava di esilaranti battute un materiale orecchiato da altri, tu arrivi a fare le pulci e a riflettere sull'intero asse storiografico dell’argomento di cui ti stai occupando.

Risposta: “ Beh, "Nerone" mi è costato quasi tre anni di lavoro.”

D: Non è un pamphlet.

R: "Non è un pahmplet. Certo io non sono uno storico di quelli che addirittura riescono a creare le proprie stesse fonti con scoperte d’archivio, ma le fonti le ho sondate tutte e per quello che ho potuto ho fatto anche ricerche personali... Montanelli tirava via dato anche il numero elevatissimo di tomi (...) compensando con il suo geniaccio toscano..”

D: Non si è mai capito come mai si fosse messo accanto allora uno sconosciuto come Roberto Gervaso. Molti ipotizzarono l’unica spiegazione possibile fosse che era suo figlio, un figlio naturale.

R: “È vero, lo si disse…certo gli assomiglia poco. Nell’aspetto. E soprattutto nell’intelligenza “

D: Della trimurti Montanelli-Bocca-Biagi è rimasto solo Bocca.

R: “Biagi era uno con cui potevi parlare solo di mestiere, non conosceva altro. Giorgio è uno che se gli si apre la botola dell’esistenziale cerca di evitarla, ma poi ci cade inevitabilmente e gustosamente dentro. Montanelli…Montanelli era come digitare l’Universo. Io non ho mai trovato un solo argomento in decenni di frequentazione su cui non sapesse o non mi sorprendesse.”

D: Sarà cronaca rosa, ma è stato anche uno dei più grandi amanti del secolo. Centinaia di amanti su cui ha sempre steso un immenso velo signorile. No, dico: parliamo di uno che quando la regina Maria Josè si ruppe le palle del Re - se mi passi la metonimia -, fuggì con lui. E non lo ha mai rivelato a nessuno, anche se una ristrettissima cerchia lo sapeva.

R:
“Era anche un uomo di suprema eleganza. Non solo affettivamente con le donne ma anche deontologicamente con i collaboratori. Quando scrissi per la Mondadori un libro “Il Conformista “ -che in realtà era una raccolta di miei pezzi polemici scritti tra gli anni ottanta e novanta - alla Mondadori mi dissero "Qui ci vuole una introduzione di peso, di Montanelli". Io della leggenda di Fucecchio avevo un timore reverenziale, gli davo del tu come si fa fra colleghi , ma era un tu intimidito ed onorato.. Vado da lui con la tremarella e balbetto: "Direttore è ancora peggio di quanto pensi, non ti chiedo una recensione al mio libro ma addirittura l’introduzione..” . Non mi fece quasi finire : “Certo. Te la devo. Sono in debito". Ma come in debito, semmai in debito ero io che mi permetteva di collaborare con lui! Due giorni dopo la splendida introduzione di Indro era già sul mio tavolo. Diceva di essere in debito lui a me, che potevo solo ringraziarlo. Questo in un mestiere che se chiedi a qualcuno, a cui hai magari salvato la pelle, un caffè te lo fa pesare.”

L'ascensore - di Giulia Ciarapica . Istantanee con andamento lento e tumultuoso

"Quel poco di buono che Matilde era riuscita a vedere in un uomo tanto diverso da lei, ma allo stesso tempo così simile, a tratti identico, era svanito nel giro di qualche secondo. Matilde oscillava tra l'essere spietata, sentendosi completamente sicura di sè, e l'essere accondiscendente e accattivante: era una di quelle donne apparentemente tutte d'un pezzo, algide, fredde, prive di emozioni, ed era così che lei, sostanzialmente, amava dipingersi. Il cuore, a volte, avrebbe preferito non averlo, o l'avrebbe barattato molto volentieri con qualcosa di più utile, un altro cervello magari. La sua parte razionale, quella tutta dedita alle spiegazioni logiche, quella parte che tentava ogni volta di trovare un perché anche dove un perché non c'era, proprio perché non doveva esserci, insomma, tutta quella parte puramente scenica, la stava distruggendo piano piano, dolcemente, amabilmente, silenziosamente. La sua sensibilità, il suo romanticismo, vivevano e coltivavano la loro solitudine all'ombra della ragione, quella stessa ragione che puzzava di muffa, di cibo andato a male.
E poi c'era lei, la Matilde irruente, la Matilde passionale, la Matilde forte, quella che viveva di prepotenza, presunzione e arrischiava, osava, si dimenava per ottenere ciò che voleva. E lo otteneva. Ecco, quella Matilde era Andrea. O meglio, Andrea somigliava proprio a quella Matilde lì, quella che non voleva rivali. La prima donna cui nessuno doveva permettersi di rubare il ruolo.
Due Andrea? O due Matilde? "

Racconto breve dai toni spensieratamente inquietanti. Per leggerlo tutto vai su: www.sistafacendosemprepiutardi.wordpress.com

Giulia Ciarapica

lunedì 28 luglio 2014

I disegni della stanchezza su carta straccia, di Giulia Ciarapica - Racconti brevi per lunghe dissertazioni

"La sveglia suonava alle sei, ma il silenzio delle cinque la destava ogni volta. Aveva preso confidenza con quell'ora blanda, le piaceva. Che fuori ci fossero il sole, la pioggia, le nubi, la nebbia, il temporale, quella rimaneva comunque l'ora perfetta: tutto era ancora indecifrabile, promessa dell'avvenire, soffice protezione dalla realtà.
Anche quella mattina Katia aprì gli occhi. La luce si intrufolava tra le fessure delle persiane. Calda e ben augurante, le accarezzava il polpaccio, la coscia, il fianco sinistro.
"Sopravvivere con nonchalance..."
Katia disegnava pensieri di velluto da cucirsi addosso, non voleva ammettere a se stessa che la sua bellezza opaca e dimessa era frutto di una stanchezza senza precedenti, alla quale ogni mattina si abbandonava, cercandone il perché. 
Giorgio riempiva ogni angolo della sua vita accartocciata. 
Arrancava, all'albeggiare di ogni nuovo giorno, nel tentativo di trasformare la spossatezza di vivere in armonia da rassegnazione.
"Sopravvivere con nonchalance... Con nonchalance. Non è poi così difficile..."

Questo l'incipit del racconto, commovente e scritto con grande partecipazione emotiva. 
Per tutti coloro che volessero leggerlo interamente, basta andare su :

www.sistafacendosemprepiutardi.wordpress.com

Giulia Ciarapica