lunedì 11 gennaio 2016

Misteri, manzetti, cinghiali e una zia che mannaggiallamiseria

Immaginate un detective privato, uno di quelli che sembrano usciti da un film degli anni ’40, con una strabordante ironia (anche nelle situazioni meno opportune, su, diciamolo…) e un debole per le belle signore. Immaginate anche un lago, buio, limaccioso, sinistro (e certo perché sennò che noir è?), una storia di intrighi e vendette, e immaginate anche che in questa storiaccia ci siano di mezzo due donne e una cospicua eredità (già le due donne insieme sarebbero state abbastanza inquietanti).



Fatto? Bene, eccovi servito Mistero sul lago nero di Massimo Cassani (Laurana editore, 2015, pp. 251, con una splendida copertina disegnata da Angela Varani), un romanzo che è a metà fra l’hard boiled, il giallo con il più classico – ma solo apparentemente – degli investigatori e il comico, una miscela esplosiva che ha reso questo libro uno fra i più divertenti e accattivanti romanzi usciti alla fine del 2015.
“Un piano, ecco cosa mi ci vorrebbe! O una bella sbornia”.
(Foto di Nikita Guardini presso Rizzoli Galleria Milano)

 Mario Borri, professione investigatore privato, anni sessantacinque, operativo in quel di Milano, è ormai arrivato alle soglie della pensione: come concludere tanti anni di onorata carriera se non risolvendo un ultimo intricatissimo caso?  E se poi a chiedere aiuto a questo arzillo ma non più giovanissimo amante delle belle donne è proprio una bella donna dai “capelli fulvi”, è impossibile rinunciare.
Il caso, però, si prospetterà più complicato del previsto, fin da subito: innanzitutto bisogna spostarsi da Milano – ah, quant’è bella Milano – e prendere la strada che porta a Viràte al Lago (no, non ho scritto male), sperduto paesino in cui troviamo un lago (ovviamente il lago di cui sopra, quello buio e limaccioso e sinistro etc etc) e tante anime in pena che lo popolano. Ma più che anime in pena sembrerebbero anime destinate a far penare il povero Borri, che dovrà destreggiarsi tra l’ostinato mutismo degli abitanti, una notevole collezione di multe, cinghiali e relativo guardiano dei cinghiali e un piano diabolico ordito alle sue spalle.
Eppure la richiesta di quella fanciulla dai capelli fulvi, dall’aria sì snob, ma complessivamente normale, alta, bella e ben vestita, sembrava un gioco da ragazzi per il nostro investigatore – che ci tiene a precisare che è un professionista, lui. In fondo gli ha semplicemente chiesto di tenere d’occhio la sua sorellina – “un po’ ochetta” – o per meglio dire, gli avrebbe chiesto di prenderla in castagna fotografandola in atteggiamenti inequivocabili insieme all’amante di turno, perché si dà il caso che tanto la cliente quanto la sorella siano le uniche ereditiere di una grossa somma di denaro, lasciata dalla loro defunta zia – molto religiosa, molto molto, tenetelo presente. Peccato ci sia una clausola non trascurabile: un anno di astinenza per entrambe, dall’alcool per la cliente di Borri, dal sesso per la sorellina ochetta. Intesi?
Ma questo lavoretto all’apparenza facile facile si dimostrerà difficile difficile. Naturale, dopotutto, vuoi mica andare in pensione senza aver fatto qualche fuoco d’artificio?
Dalla penna arguta e sarcasticamente umoristica di Massimo Cassani prende vita un personaggio, quello di Mario Borri, che nel suo metro e sessantacinque scarso concentra intuito, scaltrezza, audacia e più di un pizzico di sottile (ma forse neanche troppo sottile) ironia. Quello che si presenta come il più classico degli investigatori di tutta la storia dei gialli – completo di lino, borsalino, un bicchiere di whisky sempre a portata di mano, ché non si sa mai, la sua inseparabile Berta e una Renault color cacca che forse James Bond avrebbe leggermente disprezzato, ma si fa quel che si può – in realtà è un tipetto niente male che sa cacciarsi nei guai al momento giusto nel luogo giusto, vale a dire esattamente quando non dovrebbe. E in fin dei conti bisogna dire che l’originalità di questo detective sta nel fatto che è lontano anni luce dalla definizione di detective classico, data da Siegfried Kracauer:
“Al detective vengono così riconosciute anche le qualità proprie del monaco. Simile a colui che se ne sta isolato nella propria cella, il detective sprofonda nelle proprie meditazioni, accompagnato solo dall’immancabile pipa, che sul piano estetico rivela la sua separazione dalla gente”.
Isolato nelle sue meditazioni? Isolato dalla gente? Accompagnato dalla pipa? No, no, non ci siamo, qui si parla di un professionista sì, ma sui generis, e che però, in quanto professionista per l’appunto, alla fine riesce sempre a cavarsela – magari con l’aiuto di qualche relitto umano, chissà.
Questa trama originale e ricca di colpi di scena è infarcita anche di presunti ammiccamenti cinematografici – oltre al fatto che si presterebbe benissimo a diventare un film di successo: ho annusato un vago umorismo in stile Mel Brooks ed in più c’è un particolare che fa capolino ogni tanto, è il mignolo di Borri. Questo ditino che quando avverte un pericolo o una qualche situazione particolare inizia ad agitarsi, mi ricorda tanto l’altro dito famoso della storia del cinema, l’indice del bimbetto di Shining, quello che si muoveva al ritmo della “luccicanza”, ricordate, no?

Mistero sul lago nero di Massimo Cassani è il nuovo volto del thriller contemporaneo, inzuppato di un’ironia che vi farà sorridere per tutta la durata del romanzo. 

(Foto di Grazia Napoli)

Quattro chiacchiere in compagnia di... Massimo Cassani


Massimo Cassani, professione giornalista e non investigatore privato, sei già al tuo sesto lavoro, Mistero sul lago nero, ma questa volta non troviamo il commissario Micuzzi, bensì un sessantacinquenne alle soglie della pensione di nome Borri. Chi è costui?
Mario Borri è un ometto di centosessantacinque centimetri d’altezza che per quarant’anni ha battuto i marciapiedi andando a caccia di corna, muovendosi, atteggiandosi e tentando di parlare come una specie di Humprey Bogard, ma essendo - e apparendo - tutto l’opposto. Gli piace raccontarsi così, gli piace sentirsi come un personaggio di un film noir anni ’40. Ognuno hai i suoi modelli. A me, però, alla fine della storia, è venuto anche un dubbio: e se Borri ci abbia raccontato un sacco di balle? Se questa storia che Borri ci racconta in prima persona come vera sia in realtà frutto della sua immaginazione? Pensa a certi termini colti che usa o a certi suoi riferimenti all’architettura o alla Bibbia un po’ troppo in contrasto con l’immagine da uomo della strada che vuole venderci; o al suo progetto dichiarato di ritritarsi in Riviera a scrivere romanzi. Un messaggio subliminale? Ma non sarà che dietro all’investigatore privato Mario Borri si celi in realtà uno scrittore che non vuole rivelarci la sua vera identità? Sono dubbi che mi sono venuti e che consegno al lettore.

Anche lo scenario cambia – purtroppo per Borri, oltretutto. Non siamo a Milano, la tanto amata Milano, ma in un paesino lacuale sperduto e preda dei cinghiali (e anche dei manzetti, se vogliamo dirla tutta). E quindi giro il dito nella piaga e ti chiedo: cosa apprezzi di più di Milano e perché?
Io non sono nato a Milano, ma con Milano, per ragioni famigliari, ho sempre avuto un legame molto stretto. Milano era presente nel mio immaginario personale fin da bambino. Quando mi sono trasferito qui, mi è sembrato quasi di tornare a casa, senza per altro lasciare mai, mentalmente, la mia casa originaria, in provincia di Varese. Di Milano mi piace pensare che me ne posso andare quando voglio e ci posso tornare quando voglio. Se qualcuno pensa che stia parafrasando malamente Cesare Pavese, ha ragione.

Ora vorrei chiederti una cosa che è soprattutto una curiosità personale, ma che forse molti lettori si saranno chiesti. Tu che dal 2010 collabori con “La Bottega di narrazione”, scuola di scrittura creativa di Laurana editore, condotta da Giulio Mozzi e Gabriele Dadati, ci sveli come si fa a partorire una storia intricata e piena di colpi di scena come quella che hai elaborato tu? Da dove si parte?
Difficile rispondere in poche righe. Cioè, anche in tante, a dire il vero. Sulla costruzione della trama ci sono fior di trattati di narratologia, per altro piuttosto complicati a leggersi, per lo meno per me. Provo a dire una cosa. La costruzione di una trama è un processo di selezione di eventi logicamente e cronologicamente concatenati fra di loro. Quando si pensa a una storia, in genere, ci vengono in mente situazioni che possono essere efficaci, dal punto di vista narrativo, ma scollegate, come spesso sono scollegati i pensieri. Il vero lavoro dello scrivere è la tessitura fra questi eventi, cercando sempre di mettersi dalla parte di chi legge e pensare: quanto è prevedibile quanto sto scrivendo? Se noi per primi non ci sorprendiamo, via, scartare. E pensare a nuove soluzioni fin dove ci supporta l’immaginazione. Spero di essere stato sufficientemente confuso.

Quali sono – se ne hai – i modelli a cui ti sei ispirato e da cui hai tratto i maggiori insegnamenti per scrivere i tuoi noir? In sostanza, quali sono i tuoi grandi classici del cuore?
Purtroppo, prima di mettermi a scrivere, non sono mai stato un gran lettore di romanzi di genere, poi mi è sembrato naturale cercare di capire cosa avevano scritto i grandi. Da lì sono venute anche letture di Chandler e Hammet, per esempio. Senza rendermene conto, fra i venti e i trent’anni, sono rimasto in ammollo in Simenon, soprattutto dei suoi romanzi non polizieschi, e in Guido Morselli. Al di là delle letture, credo però che il mio immaginario narrativo si sia formato soprattutto al cinema. In certi periodi andavo al cinema anche due o tre volte a settimana. Poi ho cercato di smettere.

A bruciapelo: tre motivi per leggere il tuo libro.
Fa sorridere. Fa sorridere. Fa sorridere.

A bruciapelo: tre motivi per non leggere il tuo libro.
C’è poco da ridere, con i tempi che corrono (signora mia…). Gli altri due motivi non mi vengono (dài, sorridi).

Eppur manca qualcosa... l'illustratrice!



Quattro chiacchiere con Angela Varani

(Foto di Aldo Funicelli)

1) Appena ho visto la copertina di Mistero sul lago nero di Massimo Cassani ho esclamato: “È lei!”, e infatti sei tu. Ovviamente non parlo del soggetto della copertina – l’investigatore privato Mario Borri – ma dell’autrice. Angela, quando hai letto il romanzo di Massimo, ti sei subito immaginata, anche fisicamente, il detective Borri?
Ciao Giulia, intanto grazie per avermi chiamato in causa. Sono felicissima di aver realizzato la copertina di Mistero sul lago nero di Massimo Cassani, ed essere "riconosciuta" è per me un grandissimo complimento, quindi grazie ancora.
Ricordo il pomeriggio in cui ho incontrato l'autore e la casa editrice.
Agosto. Milano era deserta e c'era un caldo infuocato. Dopo aver letto il materiale fornitomi, ciò che mi ha permesso veramente di visualizzare il detective Borri è stato chiacchierare con Massimo. Confrontarci.  Non ho avuto dubbi dal primo momento: quella era la faccia e l'espressione di Borri. Dovevo solo decidere da dove "inquadrarlo" e come gestire il mood del lago di background.

2) So che, oltre a disegnare, anche tu hai la passione per la lettura. Qual è il genere che preferisci? C’è un libro preferito che ti sentiresti di consigliare?
Amo leggere, questo è vero. Quello che è anche vero è che vorrei avere il tempo per leggere di più.
Fino almeno ai vent'anni ho letto principalmente gialli. Ho un amore spassionato per Agatha Christie, che è stata una costante tra generi e autori differenti.
Da un po' di tempo a questa parte, invece, ho alternato piuttosto equamente la lettura di romanzi e noir di autori contemporanei, alla saggistica. Recentemente ho letto La nausea di J.P. Sartre e ho appena concluso Lo straniero di A. Camus.  In questo periodo gli esistenzialisti mi stanno dando spunti di riflessione davvero molto attuali.
Per rispondere bene alla tua domanda, però, ti dico che non ho un libro o un genere preferito. Dipende da come mi sento. Un po' la stessa cosa che mi succede con una canzone o un genere musicale.

3) Angela, ci illustri la tua attività di illustratrice? Da dove nasce questa passione? Quanto tempo impieghi, mediamente, a fare un ritratto?
Disegno da tutta la vita. Mia mamma è una pittrice. Io vivo l’urgenza di dire “la mia” disegnando. Fare del proprio essere anche il proprio lavoro è un grande privilegio.
Disegno tantissimo. Disegno sempre. E mi do. Mi do all'illustrazione che realizzo e ai colori che scelgo. Così tanto che per un periodo ho fatto addirittura fatica a staccarmi dai miei lavori, perché con loro andava via anche un po' di me.
Tutt'oggi ci sono sempre anch'io in ogni tratto, ma diciamo che ho imparato a gestire la cosa.
Essere un'illustratrice è la mia condizione ideale.
Per realizzare un ritratto le tempistiche possono cambiare in base al soggetto, alla dimensione e alla variabile costante di un lavoro artistico. In parole povere: dipende se becco subito la somiglianza o no! Ahahaha! Ad ogni modo, il tempo medio è di un paio di giorni.



4) C’è un ritratto, un disegno, tra tutti quelli che hai realizzato, a cui ti senti più legata? Se sì, quale e perché?
"L'omino col peso".
Credo sia stata la prima figura umana che ho disegnato. Mentre i bambini  facevano mostri e le femmine principesse, io disegnavo l'omino con il peso. Lo disegnavo ovunque. Vestito solo con pantaloncini, fiero e sorridente che spingeva il manubrio al cielo con braccine indecise.

5) Chi volesse seguire i tuoi lavori dove può rintracciarti?
Sul mio sito angelavarani.com, oltre al portfolio e ai lavori, si trovano tutte le informazioni che riguardano la mia attività e anche qualche curiosità.
Poi ci sono i social. Da facebook www.facebook.com/angelavaraniillustration a instagram o pinterest, twitter dove sono https://twitter.com/angelavarani.
Grazie ancora, Giulia, per le domande e per l'attenzione dedicatami!

...a voi una buona lettura!

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